Le dichiarazioni di voto
Passato con 312 sì, 190 no e un astenuto, il decreto dignità è stato discusso fino quando era ormai notte, alla Camera, sullo sfondo lo scontro tra maggioranza e opposizioni. Festeggiamenti sugli scranni del Movimento 5 Stelle, con Di Maio che loda il lavoro dei deputati: “E’ stato migliorato rispetto a quello varato dal Consiglio dei Ministri“, e la soddisfazione per il mancato inserimento della fiducia, paventata nelle settimane precedenti e che avrebbe alimentato non poche critiche.
A pronunciare le dichiarazioni di voto i capigruppo e i leader di partito, tra i più duri quello di Mariastella Gelmini, capogruppo di FI: “E’ il primo passo verso la decrescita, voteremo “no” orgogliosamente, e continuando a credere nel centrodestra invitiamo gli amici della “Lega” di remare nella stessa direzione. Ci auguriamo che questo governo nemico del popolo e dell’impresa vada a casa il prima possibile“. A seguire il segretario del PD Maurizio Martina, che si avvale delle metafore a sfondo storico: “Voi non avete costruito la Waterloo del precariato, avete costruito la Caporetto della vostra propaganda, ma a rischiare di pagare sarà il paese. Mi aspetterei, caro Ministro Di Maio, che alla fine di questo percorso parlamentare abbia l’umiltà di chiedere scusa agli italiani. Su un valore come la dignità non si scherza, la dignità non si dà per decreto“.
Infine Di Maio ringrazia i compagni di maggioranza del Lega per la “lealtà e la correttezza“, capendo quanto sia faticoso per il Carroccio approvare alcuni passaggi del decreto, visto che in materia economica, si sa, non sarà semplice in futuro tenere insieme l’alleanza gialloverde.
I punti principali
Secondo gli esperti di diritto del lavoro, il decreto dignità contiene parti buone e parti meno buone, ma ci sono molti dubbi sul fatto che riuscirà davvero nel suo scopo, ovvero risollevare il mercato del lavoro, combattendo il precariato a favore della stabilità, rendendo quindi più complicati i contratti a tempo determinato e relativamente più economici quelli a tempo indeterminato. Tra le critiche più aspre vi è quella di Tito Boeri, il presidente dell’INPS. Nella relazione tecnica dell’istituto di previdenza sociale, è infatti prevista una perdita di 8000 posti di lavoro l’anno a causa del decreto. Tra i punti principali vi sono:
- Voucher per alberghi, agricoltura ed enti locali. In questi settori i datori di lavoro potranno usare i “buoni lavoro” per pagare le prestazioni lavorative. Un modo estremamente semplice e flessibile di pagare i lavoratori, che permette di corrispondere loro un compenso orario senza bisogno di sottoscrivere un contratto. Potranno essere usati solo per pagare studenti under-25, disoccupati e pensionati.
- Bonus assunzioni fino a 35 anni. Assumere a tempo indeterminato gli under-35 nel biennio 2019-20, garantirà uno sconto del 50% sui contributi da versare per i tre anni successivi all’assunzione, con il rischio però, che si creino “bolle” di finta occupazione, che poi si sgonfiano con la cessazione degli incentivi.
- Contratti a tempo determinato. Misura “simbolo” del decreto per disincentivarne l’utilizzo, portando la durata massima di questo tipo di contratti da 36 a 24 mesi. Inoltre i contratti superiori ai 12 mesi dovranno essere motivati dal datore di lavoro con una causale, dovrà quindi giustificare perché assume il lavoratore a tempo determinato e non tempo indeterminato.
- Aumenta l’indennità di licenziamento. L’indennità che il datore di lavoro deve pagare nel caso di licenziamento illegittimo viene aumentata, portando il minimo da 4 a 6 mensilità, e il massimo da 24 a 36 mensilità.
- Contrasto al gioco d’azzardo. Anche se incongrue al campo lavorativo, il decreto contiene una serie di norme per contrastare il gioco d’azzardo. Vengono inasprite le multe per chi viola il divieto di sponsorizzazione, viene introdotto l’obbligo di inserire avvertenze sui danni del gioco d’azzardo sui biglietti “gratta e vinci”, ed infine per giocare alle slot machine sarà necessario inserire la propria tessera sanitaria.
- Norma anti-delocalizzazione. Le imprese, sia italiane che estere, che hanno utilizzato agevolazioni ed incentivi pubblici non possono delocalizzare per cinque anni, nemmeno all’interno dell’UE. Se lo fanno, non solo perderanno l’agevolazione, ma dovranno restituire quanto incassato con l’aggiunta di una sanzione che può andare da due a quattro volte l’importo dell’aiuto.
Ogni discorso è ora rimandato a lunedì, quando il decreto dignità sbarcherà al Senato per l’approvazione definitiva.
Antonio Tedesco