Vent’anni fa, a Genova, avveniva quella che Amnesty International definì <<la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale>>.19-22 luglio 2001: quattro drammatiche giornate che cambiarono completamente la concezione dello Stato di diritto italiano. Gli equilibri di una fragile democrazia, uscita a fatica dallo scandalo di Mani Pulite, vacillano pericolosamente. La città di Genova è messa a ferro e fuoco da continui scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, che culminano con l’uccisione del riottoso Carlo Giuliani e, soprattutto, con il massacro avvenuto alla scuola media Diaz. L’opinione pubblica si divide, mentre la giustizia prova a processare i colpevoli: rei che non si trovano, reati mancanti nell’ordinamento del Bel Paese e pene discutibili sono gli ingredienti di un caso mediatico, politico e sociale mai chiuso per davvero.
Galeotto fu il G8
Per comprendere al meglio i fatti della scuola Diaz, dobbiamo prima avere presente il contesto in cui il tutto è avvenuto. Stiamo parlando del G8, principale forum politico ed economico formato dalle otto superpotenze mondiali: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e USA. Sebbene lo scopo primario fosse quello di discutere sui futuri assetti geopolitici e diplomatici globali, a Genova non è accaduto solo quello. Il summit, guidato dal forzista Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, prende presto una piega sinistra. La città ospitante, infatti, è ritenuta dai più decisamente inadatta per lo scopo, viste le tante proteste preliminari, portate avanti da gruppi antiliberisti, ma anche la difficile topografia del capoluogo ligure. Per l’occasione vengono istituite una zona rossa e una zona gialla, la prima ad accesso vietato e la seconda limitato. Tutte le vie di comunicazione e le maggiori infrastrutture sono messe sotto controllo, si applicano diversi contingentamenti. Manca solamente la scintilla che faccia esplodere il fragilissimo status quo.
La mattanza della scuola Diaz
La scintilla scatta il 20 luglio, contestualmente a violenti scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, culminanti con la tragedia di via Alimonda, dove perde la vita il giovanissimo Carlo Giuliani, ucciso dai colpi di pistola dell’altrettanto giovane carabiniere Mario Placanica. Ormai, tutta Italia è consapevole che niente sarà più come prima. L’ulteriore conferma arriva la notte dopo, tra le 22 e la mezzanotte. I Reparti mobili della Polizia di Stato fanno irruzione nell’ex scuola media Diaz, sede del Genoa Social Forum, rete di movimenti, partiti e associazioni no-global. Il braccio armato dello Stato aggredisce brutalmente almeno 82 manifestanti e giornalisti lì presenti, molti già addormentati nei loro sacchi a pelo. Con la scusa di una perquisizione di massa, una violenza animale, definita dal vicequestore Fournier <<macelleria messicana>>, spinge quasi 500 membri delle forze dell’ordine a intervenire nell’operazione di rappresaglia.
Il post-Diaz: processi e consapevolezza
Il bilancio di quella drammatica notte del 21 luglio 2001 è di 93 attivisti arrestati, 61 feriti portati all’ospedale (di cui uno in coma e tre in prognosi riservata) e 125 agenti finiti sotto accusa. I procedimenti penali sono andati avanti per ben tredici anni, cercando di riportare una giustizia che non c’è. Infatti, la maggior parte dei processi sono terminati con l’assoluzione degli imputati, a causa dell’impossibilità di individuare i diretti responsabili o dell’avvenuta prescrizione dei reati. Nel 2015 e nel 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per aver violato alcune libertà fondamentali dell’individuo, con le accuse di tortura, condizioni degradanti e punizioni disumane da parte delle forze dell’ordine. La risonanza mediatica dei fatti della Diaz è incalcolabile; un evento tanto negativamente importante da fungere da spartiacque nella storia dell’Italia repubblicana, ma anche nella storia contemporanea delle relazioni internazionali. Un caso mai risolto del tutto, che ancora oggi smuove l’opinione pubblica come pochi altri temi.