Alle origini di un atto estremo: il suicidio dei giovani spiegato da “Pier” e Durkheim

Nel brano “Pier” di Murubutu e Claver Gold, oltre ad esserci un riferimento al personaggio della Divina Commedia Pier della Vigna, riprende in chiave contemporanea il concetto del suicidio.

Pier in questo testo, è un ragazzo che si è chiuso nel suo guscio ed è vittima di una delle forme di bullismo più pericolose di questo decennio: il cyberbullismo. Ma cosa spinge un ragazzino a compiere un atto così estremo? Qual è la sua visione della vita? E quale significato ha questo gesto?

“Pier”

Questo brano, fa parte dell’album “Infernum” di Murubutu e Claver Gold; una raccolta di testi ispirati ai personaggi più influenti dell’Inferno della Divina Commedia. “Pier” in particolare è ispirato al personaggio Pier della Vigna, che vagava nel VII cerchio dell’inferno, lì dove scontano la pena quelli che son stati violenti con se stessi, i quali hanno commesso il suicidio. Quest’ultimo arrivò a tale gesto dopo esser stato processato per tradimento. Siccome lui si considerava dalla parte del “giusto” e quindi di essere innocente, non poteva sopportare il giudizio negativo di un’opinione pubblica malevola, non poteva reggere la vergogna di essere considerato un traditore e di aver mancato di fiducia. Perciò dopo esser stato condannato e incarcerato, per dimostrare la sua innocenza, si tolse la vita in solitudine. Per questo lui chiese a Dante di rivendicare il suo nome e fare giustizia.

Ma nonostante sia una storia di anni e anni fa, sembra molto familiare alle tragedie di cui ancora oggi, nel 2021, sentiamo spesso parlare.

Ragazzi e ragazze che per vergogna di una foto messa in circolo tra una chat e l’altra o per le pesanti accuse ricevute nei commenti di un social network, hanno deciso di compiere il gesto più estremo di tutti.

I due artisti in questo caso, hanno ripreso il personaggio di Pier, e in chiave contemporanea, hanno raccontato la medesima storia ma ambientata nel nostro mondo moderno. Pier è vittima di cyberbullismo:

“Sono scomparsi quei commenti sotto la tua foto, ma alcune frasi son rimaste, fanno parte di me.”

Ogni giorno lotta tra bisbigli, sguardi, foto fatte di nascosto. Abbandonato a se stesso, nessuno vuole stare accanto a lui, tantomeno chiedergli se va tutto bene.

Poi le sue scuse a sua mamma, prima di togliersi la vita, un atto per il quale serve molto coraggio, ma per lui è il gesto di chi non è stato abbastanza forte da affrontare questo “gioco”.

Le cause di un gesto così estremo

Quando ci capita di sentire storie del genere la domanda che sorge spontanea è “Cosa lo ha spinto a fare una cosa del genere? Cosa li passava per la testa?”

Spesso la motivazione non è subito chiara, bisogna scendere nella personalità del ragazzo e della ragazza per capire la motivazione di tale gesto. Di solito vengono classificati come “ragazzi difficili” proprio perché, alla base dell’atto come quello del suicidio, ma anche dell’autolesionismo, c’è un conflitto tra il se’ e il mondo (l’altro). Si tratta di un limite nello sviluppo della coscienza intenzionale, più precisamente in questo caso, in una mancanza di intenzionalità. Il soggetto quindi, si percepisce sganciato dalla realtà e ha la sensazione di non poter dar alcun contributo alla sua vita in primis e alla società, per potersi sentire appagato. Da questa visione del mondo scaturiscono due tipi di atteggiamenti. Il primo atteggiamento è quello di farsi trasportare dagli eventi e dalle situazioni della vita; ma soprattutto di cercare la soddisfazione immediata, vivendo attimo dopo attimo, senza pensare alle conseguenze. Questo tipo di atteggiamento, porta senz’altro a comportamenti devianti e pericolosi, di cui il soggetto si sente solo una pedina, mai la causa; il pensiero costante è che comunque vada sarà sempre una sconfitta.

Un altro tipo di atteggiamento si può ricollegare alla fuga dal se’. In questo caso il soggetto, neanche si fa trasportare dagli eventi, si sente senza capacità e se prova a darsi un obiettivo che non raggiunge facilmente, entra in un circolo vizioso in cui si percepisce costantemente come un fallimento. Il suo comportamento non influisce sugli altri, o su oggetti esterni, ma la rabbia viene riversata in se’ stesso, il suo unico nemico. Dunque da questo atteggiamento si giunge a comportamenti e azioni di autoannullamento, autolesionismo, fino al vero e proprio suicidio.

Durkheim e il suicidio

Durkhiem, sociologo di fine ‘800, ha dato una nuova interpretazione della sociologia, studiando i fatti sociali, ma soprattutto le interazioni sociali tra gli individui. Nella sua terza opera importante  “Il suicidio”, spiega come avviene il suicidio in base alla diversa integrazione di un individuo all’interno della società.

Il suicidio, dunque, è un fatto sociale che viene studiato da Durkheim per la prima volta in modo sia statistico che scientifico utilizzando dei dati come:cultura, povertà e religione che influiscono all’interno del rapporto tra individuo e società.

I tipi di suicidio che Durkheim individua sono tre:

  1. SUICIDIO EGOISTICO; che avviene quando l’individuo è poco integrato all’interno della società ed è sopraffatto dal vuoto interiore ( bassa autostima, sentirsi inferiore rispetto agli altri)
  2. SUICIDIO ALTRUSTICO; se l’individuo è ECCESSIVAMENTE integrato all’interno della società.
  3. SUICIDIO ANOMICO; “anomico” significa “assenza di norme”. Perciò l’individuo non sentendosi più integrato nella società e non essendoci norme che ne garantiscano l’integrazione, si sente talmente isolato da compiere un suicidio.

Inoltre, ciò può derivare anche da un rapido cambiamento sociale, il quale creando instabilità all’interno degli individui, quest’ultimi passano da uno stato positivo ad uno stato negativo o viceversa.

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