“Amore e psiche” è probabilmente l’opera più celebre di Antonio Canova, realizzata tra il 1787 e il 1793 e conservata attualmente al museo del Louvre. Il soggetto che ha ispirato l’autore nella composizione della propria scultura è ripreso da una delle favole delle “Metamorfosi” di Apuleio. Nel racconto Venere, madre di Amore, poiché contraria all’unione del figlio con la bellissima Psiche, tenta di separarli in tutti i modi, sottoponendo inoltre Psiche ad una serie di dure prove. Nella sua opera Canova decide dunque di immortalare il momento nel quale i due giovani innamorati si rincontrano. Amore, giunto in volo dalla sua amata, si pone accanto ad una Psiche ridestata dal suo arrivo e l’abbraccia, senza però concludere con quel bacio che ognuno si sarebbe aspettato. L’immagine allora, fissata su questo incontro tanto atteso dagli amanti ma volutamente non concluso da Canova, può dispiegare dunque tutta la sua potenza significativa.
Benjamin e l’aura: tra singolarità
Il nucleo tematico che maggiormente infiamma i cuori alla vista di questo capolavoro è infatti indubbiamente quel bacio mancato. L’eterna distanza immortalata nell’attimo antecedente il bacio, quel tendere verso l’altro che non troverà mai concreta compiutezza rimanda alla concezione di Benjamin dell’aura che avvolge l’incontro fra il fruitore dell’oggetto estetico e l’oggetto stesso, qualora esso sia autentico e non una mera riproduzione. L’aura infatti è quella sensazione di unicità e originalità data dall’intrecciarsi di spazio e tempo nella singolarità. Nella nostra percezione del bello spazio e tempo si cristallizzano in un singolo atto. Singolarità e unicità che rimandano ad una sensazione di irripetibilità del momento, cornice dell’incontro fra il muovere del nostro sguardo e la risposta dell’oggetto.
E dialettica
Tutto ciò apre ad una dialettica fra prossimità e distanza. L’oggetto definito bello si avvicina per poi venir spinto in una lontananza irraggiungibile, così come le labbra dei due amanti, nel tentativo e nella tentazione di avvicinarsi, si aprono al disvelamento di un’eterna distanza. E questa lontananza non è in alcun modo di ostacolo alla contemplazione o alla conoscenza, ma è il terreno stesso dove sorgono le loro condizioni di possibilità. Il sentimento di questa aura inoltre non è soltanto oggetto della nostra percezione, ma penetra nel ritmo stesso del nostro vivere. La tensione tra l’eterna incompiutezza dell’incontro e lo spasmodico tentativo di approssimarsi ad esso è dunque segnata dal nostro stesso respiro.
Feuerbach e “L’io e Tu”
Ma questo bacio mancato, questa eterna tensione fra prossimità e distanza che si insinua nel ritmo stesso del nostro vivere, cos’altro è se non la rappresentazione di alcune possibilità che continuamente alimentano la nostra vita? Il tema principale nell’opera di Canova, ovvero l’amore, è esperienza fondamentale per la vita dell’uomo. Per questo motivo possiamo allacciarci ad una delle più profonde riflessioni filosofiche sull’amore, quella di Feuerbach. Egli infatti rileva nell’amore quel momento di incontro e di realizzazione degli esseri umani. L’Io, ovvero noi stessi, il nostro modo di vivere, trova nel Tu, nell’altro, possibilità di esistenza al momento ignote. Da questa scoperta ne consegue una maggior completezza del proprio stare al mondo. Parimenti, nel nostro relazionarci a questa scultura, nel proiettare noi stessi in quella tensione emotiva, scopriamo un po’ di quell’ignoto che ci avvolge.