A 40 anni dalla morte di Enrico Berlinguer, riscopriamo il mito del comunismo pop

Sono passati quarant’anni da quel terribile 11 giugno 1984, giorno della morte prematura di Enrico Berlinguer, leader mai dimenticato del Partito Comunista Italiano.

L’11 giugno 1984 si spegneva a Padova, a solamente 62 anni, il segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, a seguito di una grave emorragia cerebrale. Un politico e un personaggio pubblico dall’incalcolabile influenza, che ancora oggi ricordiamo con calore e stima. Sono passati quarant’anni dalla sua prematura e tragica dipartita, ma i suoi valori, le sue lotte e le sue battaglie rimangono ancora attuali. Scopriamone di più sul leader eterno del PCI in questo anniversario.

L’inizio, l’ascesa

Enrico Berlinguer nasce nel 1922 a Sassari, in Sardegna. Suo padre milita nel Partito D’Azione, ma Enrico decide ben presto, a soli 21 anni, di iscriversi al Partito Comunista. Mentre frequenta la facoltà di Giurisprudenza, svolge le sue lotte antifasciste, che lo portano alla reclusione per quattro mesi nel 1944. Dopo la scarcerazione, si trasferisce a Roma, poi a Milano, per lavorare nelle file del movimento politico Fronte della Gioventù. Nel 1948 Berlinguer entra nella direzione del PCI e diventa segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana l’anno successivo. Solamente dieci anni dopo è già membro fisso nella segreteria del PCI, fidato collaboratore di Palmiro Togliatti. Il suo cursus honorum termina nel 1972, quando viene eletto segretario del partito.

Le battaglie di Enrico Berlinguer

Da sempre considerato una persona tranquilla ed estremamente diplomatica, Enrico Berlinguer ha sempre espresso la sua opinione, anche se invisa alla linea dura del PCI. Un esempio è la sua critica all’intervento sovietico in Cecoslovacchia nel 1968, così come il manifesto dissenso espresso all’URSS nel 1969. Ma il suo capolavoro è stato il compromesso storico: il suo sogno è la collaborazione politica fra Partito Comunista, Socialista e Democrazia Cristiana in un governo di stabilizzazione della Repubblica Italiana. Con lui, il PCI ha conosciuto punte di consenso mai viste prima: nel 1976 il PCI sostiene un governo monocolore democristiano, grazie ai tantissimi voti ricevuti alle elezioni. Sempre nel 1976, nasce l’eurocomunismo, con il quale Berlinguer promuove un comunismo democratico e pluralista. A tre anni dalla morte, solleva il problema della questione morale, che tuttora sentiamo nei tg e nei giornali: Berlinguer denuncia la corruzione della classe politica italiana e l’inciucio fra partiti e istituzioni.

La morte, tra la sua gente

Il 7 giugno 1984 Berlinguer sta chiudendo la campagna elettorale del PCI per le imminenti elezioni europee. E’ in Piazza della Frutta, a Padova, a tenere uno degli ultimi comizi prima della tornata elettorale. Sul finire del suo discorso, davanti a una folla di migliaia di persone, il segretario inizia a sbiascicare e a mettersi un fazzoletto sulla bocca. Dapprima, gli astanti lo incoraggiano, ma nel vedere il silenzio di Berlinguer, capiscono che c’è qualcosa di grave in corso. Le ultime parole del suo discorso, Enrico le pronuncerà con un ictus in corso, chiudendo la frase finale in modo impercettibile quasi. Viene portato subito all’ospedale di Padova, dove si può solamente riscontrare la grave emorragia cerebrale in corso. Enrico Berlinguer muore quattro giorni dopo. La sua salma viene trasportata a Roma con l’aereo presidenziale, accompagnata dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, “come un amico fraterno”. Il suo funerale, a Piazza San Giovanni, conta più di un milione di persone. L’Italia intera è lì, a celebrare Enrico Berlinguer.

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