Spesso causa confusione, per l’opinione pubblica è generalmente inesistente, eppure la differenza tra tumore e cancro è fondamentale soprattutto in termini di sopravvivenza. È sostanziale e al contempo riassumibile in un unico termine: metastasi.
La metastasi non aiuta la cura
Inizialmente, in ogni paziente, un tumore si sviluppa da una singola cellula che riesce ad evitare i meccanismi di controllo dell’organismo, e tutto ciò accade in uno specifico tessuto. Tale condizione “locale” rimane tale per un periodo che dipende da molte variabili. Quando però alcune cellule tumorali cominciano a lasciare il sito nel quale si sono formate (ovvero diventano metastatiche) vanno ad invadere altri tessuti nel nostro corpo. Risulta anche logicamente evidente come a questo stadio combattere quello che oramai è diventato un cancro sia più complicato.
Come funziona la metastasi
Per questo motivo, la prevenzione è il primo e fondamentale passo da compiere contro l’insorgenza del cancro. Infatti, individuare e trattare correttamente il tumore nel suo stadio iniziale può essere sufficiente per evitare problemi futuri. Ma cosa succede quando la diagnosi viene fatta troppo tardi? Cosa scatena la metastasi? Le cause che possono portare a questa particolare capacità di movimento delle cellule sono molteplici, il processo successivo invece è solitamente lo stesso: vi è il passaggio nel circolo sanguigno e, una volta raggiunto l’organo/tessuto target, un nuovo attraversamento dell’epitelio dei vasi in modo da poter migrare attraverso la matrice extracellulare. Ecco che un recente studio studio dell’università di Tokyo si inserisce proprio all’inizio di tale meccanismo.
Lo studio
Il “tumore migrante”, infatti, per poter raggiungere il flusso sanguigno ha bisogno di attraversare la matrice extracellulare (ECM), ovvero quella rete formata principalmente di proteine (come il collagene) che costituisce la parte non cellulare di ogni tessuto. Per poter compiere questa operazione è necessario disfarsi, almeno in parte, della ECM. Nello specifico, in questo caso, i ricercatori si sono occupati di una particolare interazione in melanoma murino (di topo) tra due proteine (Lrp1 e tPA) che porta all’attivazione di quest’ultima, una proteasi che, appunto, taglia le proteine della matrice. Gli scienziati hanno cercato di comprendere come poter impedire questo fenomeno, il che bloccherebbe il passaggio delle cellule tumorali ed eviterebbe la metastasi.
I risultati
Per quanto, come sempre, la pubblicazione di uno studio di questo genere provochi scalpore ed apra le porte a possibili nuove terapie per la cura del melanoma si tratta di una ricerca ancora in fase non molto avanzata. È altresì vero, però, che un’eventuale conferma di questi dati ed un trasferimento di successo di tale meccanismo da topo a uomo potrebbe veramente costiruire un enorme passo in avanti nella cura non solo del melanoma, ma possibilmente di altre forme di cancro che sfruttano lo stesso meccanismo di evasione.