La paura del giudizio altrui è spesso un freno alle nostre azioni e ci spinge a dubitare di ogni passo che potremmo fare, credendo di avere su noi stessi gli occhi di chi ci sta intorno. Pieter Bruegel, col suo dipinto “La caduta di Icaro”, prova a liberarci da questa ansia sociale.
Rappresentazione della fobia sociale (fonte: Giornale del Garda)
Uno dei timori più grandi del nostro tempo è il giudizio altrui: l’ansia sociale di dover dimostrare di essere all’altezza degli standard che ci creiamo mentre ci relazioniamo agli altri genera spesso una sorta di paranoia che culmina nel pensare più volte a distanza di tempo alle stesse azioni compiute in pubblico.
Ansia Sociale
Il Disturbo d’ansia sociale, noto anche come fobia sociale, è un disturbo d’ansia caratterizzato da una notevole quantità di paura in una o più situazioni sociali, causando considerevole disagio nello stare fra la gente in almeno alcuni momenti della vita quotidiana. Gli individui con disturbo d’ansia sociale temono la valutazione negativa da parte di altre persone e il modo in cui si presenteranno agli altri. Chi ne è affetto potrebbe sentirsi eccessivamente cosciente di sé, prestare molta attenzione a ciò che fa ed ha idealmente uno standard di rendimento elevato rispetto al compimento delle proprie azioni. Secondo la teoria della psicologia sociale sull’auto-presentazione, un malato tenta di creare una buona impressione di sé negli altri, ma crede di non essere in grado di farlo e molte volte, prima della situazione sociale potenzialmente angosciante, i malati possono riesaminare deliberatamente cosa potrebbe andare storto e come affrontare ogni caso imprevisto. Dopo l’evento, possono avere la percezione che si sono comportati in modo insoddisfacente e di conseguenza percepiranno tutto ciò che potrebbe essere stato anormale in quanto imbarazzante. Questi pensieri possono estendersi per settimane o più, molti studi suggeriscono che gli individui socialmente ansiosi hanno più ricordi di esperienze negative rispetto a coloro che sono meno angosciati. Un esempio può essere quello di un dipendente che si presenta ai propri collaboratori e durante la presentazione balbetta una parola ed inizia così a preoccuparsi che le altre persone abbiano notato in modo significativo questa balbuzie e così la percezione che avranno di lui sia stata completamente offuscata da ciò. Questo pensiero crea ulteriore ansia che si mescola con ulteriori balbuzie, sudorazione e potenzialmente un attacco di panico.
Rappresentazione della caduta di Icaro (fonte: Arte.it)
Il contesto mitologico
Dedalo, un artigiano ateniese di notevole talento, costruì il Labirinto per il re Minosse di Creta vicino al suo palazzo a Cnosso per imprigionare il Minotauro, un mostro mezzo uomo e mezzo toro nato da sua moglie e il toro cretese. Minosse imprigionò Dedalo nel labirinto perché egli diede alla figlia di Minosse, Arianna, un gomitolo di corda per aiutare Teseo, il nemico di Minosse, a sopravvivere al Labirinto e sconfiggere il Minotauro. Icaro è il figlio del maestro artigiano Dedalo, il creatore del Labirinto. Icaro e suo padre tentano di fuggire da Creta grazie ad un paio di ali che suo padre ha costruito con piume e cera. Il padre di Icaro lo avverte prima di non autocompiacersi e poi lo rimprovera di arroganza, chiedendo che non voli né troppo in basso né troppo in alto, così che l’umidità del mare non rovini le sue ali, né il calore del sole rischi di scioglierle. Icaro ignor le istruzioni di suo padree si avvicina troppo al sole; quando la cera delle sue ali si scioglie, cade dal cielo e precipita in mare dove annega, dando origine così al modo di dire “non volare troppo vicino al sole“.
Dipinto “La caduta di Icaro” di Pieter Bruegel (fonte: Wikipedia.it)
La caduta di Icaro di Bruegel
La Caduta di Icaro è un dipinto del 1560 circa appeso nel più grande museo del Belgio, il Musée des Beaux Arts, e si ritiene che sia una copia meticolosa di un’opera originale (oggi perduta) dell’artista fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio. Il dipinto mostra una scena superficialmente bucolica in cui le navi prendono la vela, un pastore bada al suo gregge, le città lontane sembrano prospere e ordinate mentre nell’angolo in basso a destra della tela si sta svolgendo una tragedia, la fine di Icaro. La caduta di Icaro non è volutamente l’obiettivo centrale del dipinto, bisogna appunto guardare molto da vicino per vedere l’uomo che sta annegando, l’occhio è attratto invece dalle città e dalle navi in lontananza. Questa negligenza della tragedia di Icaro denota quanto poco il mondo si preoccupa dei nostri dolori eppure, da un’altra prospettiva, questa negligenza è profondamente gratificante e fondamentalmente redentiva in quanto una delle fonti centrali della nostra infelicità è il fatto che passiamo gran parte della nostra vita a temere per la nostra reputazione ed a chiederci cosa gli altri penseranno di noi quando inevitabilmente falliremo in qualcosa ed il minimo cambiamento della nostra immagine agli occhi degli altri ci ossessiona. Il colpo di genio consolatore del pittore è proprio quello di mostrarci come, quando rovineremo davvero, quasi nessuno guarderà o si prenderà cura di noi (ovvero Icaro) proprio perché il contadino è troppo impegnato ad arare, il pastore è troppo preso a pensare al tempo, qualcun altro è intenzionato a pescare… Le nostre tragedie non preoccupano la società nel modo in cui temiamo. Alcune persone potrebbero notare i nostri errori per un momento per poi farle cadere rapidamente nel dimenticatoio. Il punto è che noi siamo al centro della galassia solo nelle nostre menti e le altre persone non si preoccupano di cosa ci succede o cosa abbiamo fatto, il mondo è ancora pieno di umani che non hanno mai sentito parlare di noi e mai lo faranno e coloro che potrebbero essere arrabbiati o delusi in breve tempo se ne saranno completamente dimenticati. Ogni disgrazia sarà, nel tempo, riassunta nella più ampia amnesia di un mondo indifferente.
Dario Stabile