Così fan tutti (o no?): lo strano caso di Gino

Migliaia di commenti recanti il nome ‘Gino’ hanno invaso i profili Instagram di persone famose e non. L’idea è stata lanciata dallo youtuber Blur con l’intenzione di scatenare una ‘rivolta popolare’ a cui non sono certo mancate aspre critiche. Diffondere un contenuto virale e no-sense è davvero una forma di ‘comportamento di gregge’?

Blur, lo youtuber che ha dato il via a ‘Gino?

 

La fine del 2017 ha un nome: Gino. Che a dispetto di quanto si possa pensare non si riferisce proprio a nessuno, né contiene un qualche significato particolare. ‘Gino’ è un commento che ha invaso migliaia di profili Instagram nelle ultime ore del 31 dicembre, formando immense colonne virtuali sotto le foto di cantanti, calciatori, modelle, youtubers, influencer, personaggi della politica. L’invasione no-sense nasce da un’idea dello youtuber Blur, al secolo Gianmarco Tocco, che si è proposto di far partire una sorta di ‘rivolta popolare su Instagram’. Sfruttando le stories – lo strumento del social che consente di pubblicare foto e brevi video che si cancellano automaticamente in 24 ore – ha lanciato un appello ai suoi 417mila followers: “Ho deciso di lasciare un ultimo segno nel 2017, dobbiamo farlo tutti insieme: sotto i profili delle persone che seguite, commentate ‘Gino’, commentate ovunque con ‘Gino'”.

La risposta dei fan non si è fatta attendere: ci sono volute pochissime ore perché migliaia e migliaia di ‘Gino’ si facessero largo sui profili di volti noti e meno noti. Questa tendenza improvvisa è poi esondata dai confini dei fan dello stesso Blur e ha finito per replicarsi tra utenti che probabilmente non avevano idea di come e perché un ‘Signor Nessuno’ avesse invaso Instagram. Non sono mancate nemmeno le risposte di personaggi famosi, che hanno avuto reazioni estremamente variegate: l’ex premier Matteo Renzi ha postato una foto di auguri di buon anno, “anche  questo benedetto Gino“, moltissime influencer hanno arricchito i loro contenuti con l’hashtag #gino, altri ancora, come il rapper americano Gucci Mane, la subrette Belen Rodríguez e sito per adulti Pornhub  hanno citato il nome nelle loro Instagram stories.

Un post dell’ex premier Matteo Renzi

Col procedere della notte, l’invasione di Gino è stata ‘promossa’ a vero e proprio caso di studio su cui in molti si sono sentiti in dovere di dire la loro. Nella maggior parte dei casi si è trattato di aspre critiche a Blur e alla sua idea, ma anche a chi l’ha portata avanti. Lo youtuber viene accusato soprattutto di aver istigato a qualcosa di inutile e di aver creato ‘molto rumore per nulla’, oppure di aver tentato di accrescere i suoi fan con un’iniziativa poco degna di merito.

Gli utenti che invece hanno contribuito alla diffusione di Gino si sono visti affibbiare il poco edificante titolo di ‘pecoroni‘, che allude al presunto annullamento della loro volontà nel ripetere acriticamente un’azione ordinata da qualcuno con un po’ di visibilità sui social media. Più in generale, in questi casi c’è chi parla di comportamento di gregge: una massa di persone che reagisce coerentemente, senza alcun accordo esplicito, ad uno stimolo. Questa reazione sarebbe dovuta alla scomparsa della personalità individuale in favore dell’egemonia del sentimento della folla. La teoria del comportamento di gregge è stata formulata per spiegare casi eclatanti come le bolle speculative o la persecuzione delle minoranze, ma è la psicologia stessa ad affermare che le spiegazioni da essa fornite sono eccessivamente semplicistiche e rischiano di distogliere dalla comprensione della vera natura di questi fenomeni.

‘Gino’ nei commenti di un post dell’influencer Chiara Ferragni

Quello di Blur è piuttosto un caso di ciò che in psicologia viene defiito carisma, ovvero la capacità di influenzare altre persone, nello specifico grazie alla sua popolarità acquisita tramite i suoi video su Youtube. Nonostante questo, occorre sottolineare che Blur non aveva in alcun modo il potere di imporre la ‘febbre di Gino’ da solo, né ha promesso nulla in cambio a chi lo avesse seguito in questa scherzosa impresa. Di fatto, in ogni singolo caso, Gino è frutto di una scelta. Magari non ponderata in pro e contro, magari presa in un secondo, ma comunque con la consapevolezza che commentare o non commentare di certo non avrebbe cambiato nulla, ma non avrebbe fatto male a nessuno. Qualcuno lo avrà fatto perchè lo trovava divertente, qualcun altro perché adora Blur, altri ancora senza un motivo preciso, ma di certo non farlo non rendeva moralmente superiori di chi ha deciso di lasciarsi coinvolgere.

Non è certo la prima volta che molte persone si riuniscono fisicamente o sul web per fare qualcosa di completamente senza senso: basti pensare ai flash mob come “Correre come Naruto intorno alla Trump Tower” o “Urlare come Goku davanti all’arco di Washington Square“. I social network hanno incentivato questa tendenza grazie alla loro capacità di mettere in contatto persone che difficilmente potremmo raggiungere nella vita di tutti i giorni, ma è insito nella psiche umana che fare qualcosa di stupido è molto più semplice se si è in tanti: ci si sente parte di qualcosa (anche di un’innocua ‘rivolta popolare’) e si ha meno paura di essere giudicati.

Per questo, ci sentiamo di dire che in questo caso la domanda non è “Perché Gino?”
La domanda è forse: “Perché non Gino?”

Perania