Se ci chiedessero di chiudere gli occhi e di elaborare un’immagine che rimandi alla gioia, quasi sicuramente penseremmo a un inizio. Una partenza, l’odore delle pagine di un libro nuovo, l’inizio della primavera.
“Ah si vivesse solo di inizi…
Di eccitazioni da prima volta,
quando tutto ti sorprende e
nulla ti appartiene ancora!”
Che sia un oggetto o un’esperienza, tutto quello che riesce in qualche modo a spezzare la quotidianità riscuote sempre un certo successo. E al contempo, nel percorso di ognuno, assumono una grande importanza i traguardi, celebrati come momento di felice conclusione.
“Ma il finale è di certo più teatrale
Così di ogni storia ricordi solo
la sua conclusione
Così come l’ultimo bicchiere, l’ultima visione,
Un tramonto solitario, l’inchino e poi il sipario…”
Queste sono le parole di Niccolò Fabi, cantautore italiano celebre, nella sua intramontabile “Costruire”. Ma il brano ci invita a una riflessione precisa, che riguarda proprio il percorso che porta dal tanto affascinante inizio alla tanto memorabile fine di ogni cosa.
“Ma tra la partenza e il traguardo
Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è potere e sapere
Rinunciare alla perfezione.”
Tutto il resto è il percorso che si compie giorno dopo giorno, attraverso momenti felici ma anche ostacoli fastidiosi. La chiave di tutto è costruire. Silenziosamente, perché il rumore non è mai costruttivo. Mattoncino dopo mattoncino, è il tragitto la parte fondamentale nel cammino di ognuno di noi. Se la partenza è gioiosa e positiva, è quello lo spirito da mantenere durante il viaggio, e sarà semplice una volta accettati i limiti della realtà. Costruire è potere, ma soprattutto sapere rinunciare alla perfezione, con la consapevolezza che questa sia irraggiungibile. Costruire è riuscire a dare al proprio percorso un senso che risieda nelle emozioni, nella gioia dei piccoli attimi e nell’armonia che riesce a legare i momenti più belli da vivere agli ostacoli che è più difficile superare. Sono versi su musica quelli di Niccolò Fabi, che riesce con la giusta dolcezza a scuotere l’animo degli ascoltatori.
Seneca e il “De Providentia”
Un invito ad accettare le difficoltà, come parte di un progetto più ampio, è presente in uno dei dialoghi di Lucio Anneo Seneca. Vissuto tra il 4 a.C circa e il 65 d.C., è oggi ammirato dalla critica e dai lettori per i suoi scritti,che contengono riflessioni quanto mai attuali. Il “De Providentia” appartiene alla fase più matura dell’autore, e si configura come una spiegazione, destinata all’amico Lucilio, delle ragioni della coesistenza del male e della provvidenza.
“[…] quid ita, si providentia mundus regeretur, multa bonis viris mala acciderent.”
(“come mai, se il mondo è governato dalla provvidenza, accadono molti mali agli uomini onesti.”)
La risposta che fornisce è che i mali sono tali solo in apparenza, e costituiscono in realtà, per il sapiente, una prova per consolidare la virtù.
Considerato ovvio che l’ordine cosmico derivi da una ragione divina, Seneca elenca una serie di fenomeni naturali che sembrano turbare l’assetto perfetto del mondo ma in realtà contribuiscono a mantenerlo in vita.
“[…] Ne illa quidem quae videntur confusa et incerta, pluvias dico nubesque et elisorum fulminum iactus […] sine ratione, quamvis subita sint, accidunt […]”
(“Neppure quei fenomeni che sembrano confusi e incerti, parlo della pioggia, delle nuvole, della caduta di fulmini lanciati […] accadono senza ragione, sebbene siano cose improvvise”).
La capacita di chi crea è quella di saper trarre a proprio vantaggio gli elementi imperfetti della materia, e l’assetto del mondo è dominato da una generale perfezione che deriva dalle particolari imperfezioni di ogni componente. In questo modo, la condizione umana è parte di tale progetto ed è regolata da un destino che è saggio sostenere. I buoni sono immuni ai mali morali, e le sventure che gli accadono sono in realtà eventi indifferenti che possono diventare un bene se utilizzati per l’allenamento della virtus. “Marcet sine adversario virtus”: la virtù, senza un valido avversario, tende a marcire. C’è quindi la necessità di esercitarla e affrontare alcune sventure è il metodo migliore per metterla alla prova.
Seneca e Fabi spiegano il wabi-sabi
Quella del wabi-sabi ( 侘 寂 ) è una visione giapponese del mondo, derivante da una dottrina buddista. Alla base si trova l’idea di accettare la transitorietà delle cose, che spesso viene descritta come bellezza imperfetta. Ma non è nell’imperfezione stessa che risiede la bellezza, quanto nella capacità di apprezzarla. Seneca e Fabi ci insegnano a sfruttare e ad accettare le imperfezioni e le difficoltà, perché è solo riuscendo a rinunciare alla perfezione che si può, giorno dopo giorno, silenziosamente, costruire.
Chiara Maria Abate