Dottor Jekyll o Mr. Hyde? Stevenson e l'incoerenza dell'agire umano

L’uomo, capace di compiere le imprese più incredibili ed al contempo di macchiarsi delle peggiori atrocità, in definitiva è un essere predisposto al bene o al male? Un angelo o un demone? Dottor Jeckyll o Mr, Hyde? La risposta è: dipende.

Dipende da cosa? Da persona a persona, da uomo ad uomo? Ebbene no! Dipende dal contesto, dalla situazione, dalla presenza attiva della ragione nell’agire umano e dalla sua assenza. E’ facile notare l’incoerenza nel comportamento altrui, ma avete mai avuto il coraggio di guardarvi allo specchio, di smascherare il vostro lato più oscuro senza averne paura? Non bisognerebbe mai credere di essere spiritualmente integri, dentro ognuno di noi non alloggia una sola personalità: la psiche umana non conosce coerenza. Ogni volta che reprimiamo quell’imprecazione, quell’insulto, quel pugno in faccia, finiamo per soffrirne maledettamente e nel nostro io più profondo succede qualcosa di strano. Seppur razionalmente, ci rendiamo conto che “Già, forse è stato meglio non insultare quel tamarro che mi ha tagliato la strada; magari se lo avessi fatto sarebbe sceso dalla macchina e mi avrebbe picchiato”, una volta a casa, dopo che la serata è andata per il meglio, per qualche motivo non riusciamo a dormire. “Cavolo, la prossima volta che lo incontro giuro che gli faccio saltare i denti, lo uccido!”, all’interno della testa tranquillamente appoggiata sul cuscino, vengono meditate le più sanguinarie vendette ma nel frattempo… si sono fatte le sei del mattino. Dunque quale sarebbe la soluzione ideale a questo genere di problema? Fare a pugni col tamarro e farsi rovinare la serata, ma dormire sonni tranquilli? Mmh, non proprio. Se solo ci fosse un modo per risolvere la situazione senza conseguenze, ma come?!

“Lo strano caso del Dottor Jeckyll e Mr Hyde”

Era il 1885, quando a seguito di un sogno, in soli tre giorni lo scrittore britannico Robert Louis Stevenson mise nero su bianco la triste vicenda del Dottor Henry Jekyll.

Attenzione, Spoiler!

Jekyll, uomo di scienza perfettamente inserito nella società ultraconservatrice dell’età Vittoriana, un giorno viene in possesso di una particolare pozione che, una volta ingerita, gli permette di trasformarsi nel suo doppleganger, la sua controparte cattiva: Mr. Edward Hyde. Egli, individuo dall’aspetto abominevole, solo vagamente somigliante ad un essere umano, passa la notte a compiere ogni genere di crimini. Quando il cielo comincia ad illuminarsi delle prime luci dell’alba però, Hyde lascia spazio a Jekyll, che di giorno continua a condurre la sua normale vita da brav’uomo, integralmente buono. Il dottore non è inizialmente spaventato da questa sua trasformazione, anzi ritiene che essa possa giovargli:


“Pensavo che se ognuno di questi due esseri avesse potuto essere confinato in un’entità separata, allora la vita stessa avrebbe potuto sgravarsi di tutto ciò che è insopportabile: l’ingiusto avrebbe potuto seguire la propria strada di nequizie, svincolato dalle aspirazioni e dalle pastoie del virtuoso gemello; al giusto sarebbe stato dato altresì di procedere spedito e sicuro nel suo nobile intento, compiendo quelle buone azioni che lo avessero gratificato, senza essere più esposto alla gogna e al vituperio di un sordido compagno a lui estraneo. Era una maledizione del genere umano che questo eteroclito guazzabuglio dovesse così tenacemente tenersi avviluppato… che fin nel grembo tormentoso della coscienza questi gemelli antitetici dovessero essere in perenne tenzone. “

Ben presto però, la situazione comincia a sfuggirgli di mano, ritornare Jekyll diventa sempre più difficile ed Hyde prende gradualmente il sopravvento macchiandosi di crimini sempre più gravi. Inoltre l’antidoto che permette al dottore di tornare in sè sta per terminare, così durante il suo ultimo momento di lucidità, egli decide di scrivere una confessione e subito dopo, di togliersi la vita. In una delle ultime righe della lettera d’addio, Jekyll afferma un concetto che riassume forse il significato più profondo dell’intero romanzo:

“Nell’assoluta originalità ed assurdità della mia condizione, mi si presenta in realtà un problema antico come l’uomo. Ahimè, come la maggior parte dei miei simili, mi accade di scegliere la parte migliore di me e di non poterla mantenere.”

Seppur in qualche modo sia giusto lasciare spazio anche al nostro lato irrazionale, Stevenson ci ricorda di non smettere mai di temerlo, di permettergli di allentare la presa, ma senza mai sciogliere del tutto le catene. In definitiva, probabilmente non esiste un modo per dare libero sfogo ad entrambi i lati del nostro essere senza soffrirne. Voi chi avete scelto di essere, Dottor Jekyll o Mr. Hyde?

-a cura di Andrea Arrigo

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