“Eco-ansia”: ecco spiegato il disagio dei millennials e della generazione Zeta

“Eco-ansia” ed “eco-rabbia”, due neologismi che raccontano la vita della generazione Zeta nel paradigma economico-sociale del nostro tempo: scopriamo l’effetto che il cambiamento climatico ha su di noi. 

Fonte: Rod Long su Unsplash

Da Il Corriere: il termine “eco-ansia” definisce il disagio o l’apprensione per i danni attuali e futuri all’ambiente, in questo caso causati dal cambiamento climatico e dai suoi effetti.

ECO-ANSIA: UN’ANALISI

Si scrive “eco-ansia”, si legge “malattia del secolo”. Così, quello che è stata la crisi dell’AIDS per gli anni ’80, la crisi climatica lo è per la generazione del nuovo millennio. In un alone di generale indifferenza (forse dettato dalla paura), gli unici a declamare a gran voce un cambiamento non sono sempre ascoltati, in favore di un’economia più libera e di una globalizzazione sempre più crescente. Di questo passo, raggiungere un accordo che permetta la coesistenza di tutti i fattori, sembra una possibilità sempre più lontana e lo scorrere del tempo non gioca a favore per la salute del pianeta.

Durante il lockdown del 2020, sono state moltissime le segnalazioni di un ritorno della natura nelle città: come dimenticare i cigni sui Navigli di Milano o le lepri avvistate in un parco della metropoli meneghina? La Natura si è concessa un respiro profondo – e pulito – dove poter re-istaurare un equilibrio più favorevole all’ambiente. Fra i dati raccolti dagli studiosi, è stata osservata la riduzione della percentuale di ozono nell’emisfero nord: seppur non sia accreditata la correlazione fra questa diminuzione ed il lockdown mondiale, la possibilità non viene esclusa dagli studiosi.

Fonte: Patrick Perkins su Unsplash

I DATI DELL’INQUINAMENTO PRE E POST-LOCKDOWN

Infatti, così come la quarantena ha favorito una diminuzione dei livelli d’inquinamento, il rientro a (quasi) pieno ritmo di tutte le attività umane è coinciso con un pericoloso aumento dell’inquinamento atmosferico. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, l’Eurostat ha registrato, nel trimestre estivo del 2021, una quantità di CO2 equivalente a quella prodotta nel periodo di pre-pandemia. Seppur sembra possibile una vicina fine dell’emergenza pandemica, il mostro del riscaldamento globale e dell’esaurimento delle risorse avanza sempre di più e non accenna ad arrestarsi.

Così come la crisi climatica sembra essere inarrestabile, l’eco-ansia si diffonde sempre di più in coloro che mantengono una coscienza ambientale. La generazione Zeta, preoccupata per il suo futuro incerto, vive la questione dell’insicurezza come un tema fin troppo presente. L’epoca è quella del lavoro precario, dello screditamento dei titoli di studio, della iper-connessione. Le opzioni sembrano moltiplicarsi sempre di più, ma, allo stesso tempo, diventano sempre più lontane da noi. Il lavoro si fonda sulla categoria del potere e sulla competizione fra pari, e chi è troppo lento viene lasciato indietro.

L’ANGOSCIA DELLA POSSIBILITÀ DI KIERKEGAARD

In un’ambiente feroce come quello dell’attuale società, riscoprire l’importanza dell’ambiente è soltanto un rallentamento o, per alcuni, un business (cfr. greenwashing). L’esperienza di mercato che viene rimandata agli acquirenti è misurata minuziosamente e specializzata: nel momento in cui è possibile trarre un’informazione dal contesto vissuto dai clienti, è necessario mutare la forma dei prodotti venduti secondo l’opinione di chi li possiederà. L’eco-ansia si annida nel mercato globale, in maniera duplice: da clienti e da succubi.

Il fattore di maggior interesse è, però, quello della salute mentale in un’epoca come quella presente. L’incertezza, il vago, il futuro, sono tutte componenti pesanti, che minano le nostre scelte e influenzano la nostra vita. Søren Kierkegaard, un famoso filosofo danese, si è occupato proprio di questi argomenti. Individuando l’angoscia come tratto distintivo dell’uomo romantico, descrive la condizione d’esistenza con la tragicità di questo sentimento.

L’angoscia di Kierkegaard è il nobile sentore che solo gli uomini possono provare: è la paura del nulla. Davanti alle infinite possibilità, l’angoscia si manifesta come la paura dell’oblio, della scelta sbagliata, dell’errore. Così, un mondo che ci dona infinite possibilità, ci blocca: è la “vertigine della libertà”, il sintomo delle infinite sfaccettature della vita umana. Certo, per Kierkegaard, l’unica salvezza dall’angoscia è “il salto irrazionale” della fede. Sebbene questo non si traduca per forza nella religiosità, è possibile lodare l’utilizzo della forza immane del tragico (cfr. Leopardi) affinché le cose possano cambiare, trasformando l’eco-ansia e l’eco-rabbia in attenzione ambientale e cambiamento.

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