Entriamo nel mulino di Leibniz per definire i confini tra mente e corpo

Immaginiamo di essere ridotti alle dimensioni di un piccolissimo insetto, e poi di entrare negli ingranaggi del cervello, allo stesso modo nel quale un uomo entrerebbe in un grande mulino meccanico. Per quanto possiamo esaminare il funzionamento di tutti gli ingranaggi presenti nel grande macchinario, è ovvio che là in mezzo non potremmo incontrare nemmeno l’ombra di un pensiero, di un desiderio, di una sensazione. Questi fenomeni, infatti, appartengono ad un ordine di realtà diverso. (Monadologia, Leibniz)

Quella esposta da Leibniz, attraverso questo semplice esperimento mentale, è una delle sue più intuitive considerazioni, basata sulla convinzione per cui il cervello altro non è se non una componente fisica, una macchina (più o meno complessa) i cui elementi costitutivi non possono generare in alcun modo pensieri, idee e sensazioni. Tuttavia, è esperienza comune intuire il contrario, considerare cioè il corpo in stretta connessione con la mente. Basti pensare a tutte le volte che ci sentiamo in imbarazzo e diventiamo rossi, quando stiamo in ansia e sentiamo una strana sensazione allo stomaco o, più generalmente, ogni volta che vogliamo fare qualcosa e usiamo il nostro corpo per farla. Ci viene naturale sentire, o comunque immaginare che ci sia una certa relazione, un qualche collegamento tra le due sfere.

Come il ragno stando al centro della tela non appena una mosca ne rompa un qualche filo se ne accorge e svelto vi accorre come se sentisse male per la rottura del filo, così l’anima dell’uomo, quando una parte del corpo è ferita, rapida vi si reca come se non sopportasse la lesione del corpo a cui è congiunta stabilmente e secondo un determinato rapporto.”    Tito Lucrezio Caro

Aldilà degli sviluppi delle scienze cognitive in termini neurologici e alla nascente possibilità di spiegare razionalmente il dualismo tra mente e corpo, cerchiamo di capire come questo sia, prima di tutto, un problema ontologico ed epistemologico di dominio squisitamente filosofico.

La filosofia della mente: consapevolezza della propria soggettività

La filosofia della mente è lo studio delle funzioni mentali, della coscienza e delle loro relazioni con il cervello e con il corpo. Attraverso un approccio filosofico ai problemi che stanno dietro la ricerca biologica sulla mente, questa branca cerca di rispondere a domande non di poco conto, come: cos’è la mente o, soprattutto, può la materia pensare? Domande che, come si vede, non possono rimanere circoscritte nell’ambito scientifico, ma sfociano direttamente nell’ambito filosofico dell’etica. La mente, infatti, estende i propri interrogativi anche al dominio del libero arbitrio, per cercare di spiegare il principio del comportamento dell’uomo. Infatti, avere una mente significa, per l’uomo, diventare soggetto attivo delle proprie scelte e quindi assumersi una responsabilità della propria consapevolezza e della propria individualità.

Le considerazioni filosofiche a riguardo sono decisamente contrastanti: prima Platone (con la sua netta dualità tra l’anima immortale dell’Iperuranio e la prigione del corpo), poi la risposta opposta di Aristotele (per cui l’anima è una capacità del corpo), per arrivare alle nozioni filosofiche più moderne proposte da Cartesio. Cartesio fu il primo a distinguere nettamente la relazione tra mente e corpo, tra la sostanza pensante da quella materiale, instaurando così una separazione ontologica tra le due ed escludendo qualsiasi possibilità di rapporti di influenza reciproca. Leibniz, come abbiamo visto, recupera il dualismo cartesiano introducendo la concezione per cui vi è una totale irriducibilità dell’anima rispetto al corpo. La soggettività quindi è concepita da Leibniz come un macchinario, un grande mulino, dove però ci sono “soltanto dei pezzi che si spingono gli uni con gli altri, e nulla che possa spiegare una percezione”. Oggi ovviamente, rispetto a Leibniz, conosciamo molto di più su come funzioni il cervello e se fossimo insetti vedremmo dei pensieri, ma interpreteremmo come tali i sistemi dell’attività biologica dei neuroni stessi. Sappiamo, infatti, che i confini tra mente e corpo vengono indagati costantemente dalla scienza tanto quanto dalla filosofia, due campi apparentemente differenti e opposti che, tuttavia, lavorano per un fine comune. È questa la dinamica alla base delle scienze cognitive, quell’insieme di discipline che hanno come oggetto di riflessione il sistema cognitivo del pensiero e, grazie a una comunicazione aperta e interdisciplinare, cercano di chiarire quale sia il funzionamento della mente. Parlare della mente, in questa doppia interpretazione, si traduce dunque nel dover scegliere se considerare cartesianamente la dimensione soggettiva dell’attività mentale, oppure evidenziare, biologicamente ed oggettivamente, i suoi confini determinati.

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