La “Damnatio Memoriae” indica letteralmente la “condanna alla memoria”, era una pena che veniva applicata nell’antica Roma solo in casi estremi.
Tale pena decretava la cancellazione di ogni ricordo e di qualsiasi traccia riguardante una persona, come se questa non fosse mai esistita. Nemici, traditori e ingrati e, soprattutto, gli imperatori più crudeli furono puniti con la Damnatio Memoriae.
Memoria obliata
Tra i princeps che subirono la “Damnatio memoriae” si ricordano: Caligola, Nerone, Domiziano, Geta e Commodo.
La condanna comportava la cancellazione del nome dalle iscrizioni di tutti i monumenti pubblici, l’abbattimento di statue e monumenti onorari e lo sfregio dei ritratti presenti sulle monete.
Generalmente si prevedevano l’eliminazione delle immagini (su statue, fregi, monete, ecc.), l’erasione del nome proprio nelle iscrizioni, l’annullamento degli atti, la distruzione della casa e il divieto per i membri della famiglia di portarne il lutto e perpetuarne il praenomen (=nome personale) o il cognomen (=nome della famiglia).
Tra passato e presente
Il processo di “Damnatio memoriae” interessò anche alcuni personaggi del Medioevo: ad esempio Papa Formoso che subì il famoso processo post mortem (conosciuto come “sinodo del cadavere”); ancora ci sono esempi della storia recente, come la tendenza a non nominare ideologie politiche come quelle nazi-fasciste.
Spesso si tende a non parlare di determinate azioni obbrobriose e tragiche che hanno caratterizzato alcune delle pagine più nere di storia, soprattutto se riguardano la storia moderna.
Certo parlare di storia moderna o quasi contemporanea è molto più difficile e occorre essere più cauti nel dare giudizi, rispetto a quando si analizzano eventi storici più lontani nel tempo.
Ad esempio, è più “facile” giudicare Cesare e lo sterminio dei Galli, invece che Hitler e la Shoah.
L’incancellabile mondo di Internet
La damnatio memoriae consisteva nella distruzione e cancellazione di ogni prova dell’esistenza del condannato; si parlava, infatti, di “oblio forzato”. Ma oggi è davvero possibile cancellare qualcosa per sempre?
Pensate a Internet: tiene tutto sotto controllo, non dimentica niente; tutto è tracciabile e tracciato, nulla sfugge al “Grande fratello” del web. Resta tutto lì e il passato è destinato a non passare mai: tutte le nostre tracce sono accumulate sulle banche dati di Google e altri motori di ricerca, Facebook e altri social network. I nostri dati personali sono gestiti e organizzati da algoritmi di ultima generazione che immagazzinano tera-byte e tera-byte di informazioni e le salvano… Già, ma dove?
Ogni giorno gli utenti di Internet si ritrovano a dover accettare decine e decine di cookie, ma in quanti sanno cosa sono effettivamente?
Da qui, la nascita dell’istituzione di nuovi diritti: ad esempio il diritto all’ oblio, il diritto di non sapere, di non essere “tracciato”. Non si tratta di una limitazione, bensì di una protezione. C’è sempre bisogno di informazione e trasparenza.
Se prima la punizione era la cancellazione forzata (damnatio memoriae), oggi il vero castigo è l’essere indimenticabili e incancellabili, la condanna all’obbligo del ricordo.
Oggigiorno, con lo sviluppo sempre più massiccio della tecnologia, ad essere considerata una dannazione è il fatto di essere ricordati, di continuare a vedere registrato online ciò che abbiamo detto, scritto, fotografato, mentre essere dimenticati è un privilegio! Sparire dal radar di internet, oggi, può davvero significare essere liberi.
Mai dimenticare!
Dimenticare è controproducente. Piuttosto è necessario ricordare, fissare, studiare gli avvenimenti storici e affidarne la memoria ai posteri. Occorre insegnare loro come muoversi saggiamente nella storia; e, dunque, non bisogna cancellare la storia, ma renderla indelebile.
Se non si conosce la storia, si è destinati a ripeterla.
“Historia magistra vitae” e, sì, anche la “storia” nera e buia, anzi, forse, soprattutto quella, che ci mostra gli errori (e gli orrori) che non dovremo mai più commettere.