Pubblicata a partire dal 2006 Fullmetal Alchemist è senza dubbio uno dei manga di maggior successo dell’ultimo ventennio, divenuto poi un anime.
La parola Alchemist nel titolo fa riferimento alla figura dell’alchimista, ossia la persona che pratica l’alchimia. Può sembrare strano ma fino a non molti secoli fa l’alchimia e la chimica erano considerate la stessa cosa: una forma di magia.
Fullmetal Alchemist e la sua visione della stregoneria
Se non avete ancora letto il manga o visto la serie non disperate, l’articolo non contiene alcuno spoiler. Con un’ambientazione simile all’inizio del secolo scorso, Fullmetal Alchemist parla di due fratelli che vivono nella fittizia nazione di Amestris. Dal primo volume ci viene introdotto il grande potere che aleggia nel loro mondo: l’alchimia. Nella storia ci vengono presentati una serie di personaggi in grado incanalare una misteriosa energia proveniente dalla terra e utilizzarla per manipolare gli elementi. Con elementi non si intendono necessariamente i classici terra, acqua, fuoco ed aria, triti e ritriti in manga e fantasy, bensì quelli della tavola periodica. Questo è un primo forte legame con la chimica, spiegato da subito tramite le capacità di Edward, uno dei due protagonisti, di manipolare il suo braccio meccanico. Se non in casi eccezionali, l’alchimia è imprescindibile dai cerchi alchemici. Questi particolari simboli, composti talvolta da rune, fungono da chiave per gli alchimisti. La loro funzione è infatti quella di aprire una connessione diretta fra l’alchimista e il potere della crosta terrestre, grazie al quale poter compiere incantesimi sulla materia. In certo modo come le bacchette per la saga di Harry Potter venivano usate per incanalare il potere magico. Sempre a scanso di spoiler non è corretto dire fin dove si spingano i poteri degli alchimisti, ma il semplice fatto di poter manipolare a proprio piacimento la forma dei metalli senza doverli fondere, è indice di un diretto controllo sulle strutture molecolari. La genialità di Hiromu Arakawa, autore di Fullmetal Alchemist, sta nella sua capacità di essersi distaccato da altri manga in cui la stregoneria era spesso un deus ex machina senza regole e originalità, imponendo invece leggi al suo sistema magico e legando il tutto ad un fattore reale: la chimica.
I metalli e la magia della kīmiyya
Oltre che la parola Alchemist, che dice qualcosa sul tipo di magia presente nella storia, il titolo riserva una seconda sorpresa. L’uso della parola Fullmetal, in cui è presente l’inglese per “metallo”, è un secondo ponte tra finzione e realtà. O per meglio dire, quella che si credeva realtà. Facciamo un salto indietro nel tempo, prima della scoperta dei decadimenti, di Mendeleev e di Lavoisier. Già prima di Cristo abbiamo testimonianze di alchimia in Cina, poi in India e nel medioevo in tutta Europa. Ma se nella fantasia di Arakawa gli alchimisti sono dei potenti maghi, lo stes
so non vale per il nostro mondo. L’alchimia nasce infatti come pensiero filosofico, legato ai metalli, che coinvolge anche l’astronomia. Prima della tavola periodica erano ben pochi gli elementi correttamente distinti e catalogati come tali, ad esempio mercurio, rame, oro e zolfo, e la maggior parte erano metalli. Ad ognuno degli elementi più importanti era associato un corpo celeste. Al sole l’oro, alla luna l’argento e così via. La lettura dei corpi celesti allora, da sempre legata con la premonizione e la magia, si fondeva con la chimica. L’idea di queste interazioni nascoste fra cielo ed elementi rendeva l’alchimia affascinante e al contempo difficile da praticare correttamente. Oltre che voler far luce sui misteri della natura, lo scopo dell’alchimista era quello della purificazio
ne. Persino Dante, vissuto a cavallo tra XIII e XIV secolo, nella Divina Commedia compie un cammino simile alla purificazione degli alchimisti. Questa consisteva in tre fasi: l’opera al nero, il nigredo, l’opera al bianco, l’albedo, e l’opera al rosso, il rubedo. Nel caso di Dante e di molti filosofi è una purificazione associata a corpo ed anima. Nel caso degli alchimisti, è la “ricetta” per giungere al materiale più prezioso di tutti. Quello che infatti gli alchimisti di ogni secolo cercarono di creare era un artefatto magico, richiamato più volte in opere di filosofia e fantasia, in grado di donare la vita eterna: la pietra filosofale. Resa famosa dalla Rowling, la pietra era una leggenda conosciuta in tutto il mondo già da secoli, proprio da quando i primi alchimisti cercarono di produrla dalla massima purificazione dei metalli. Al di là della natura leggendaria della pietra, il processo stesso immaginato dagli alchimisti è impossibile: non si può, a meno di reazioni nucleari, trasformare un elemento chimico in un altro. Quello che però gli alchimisti avevano (quasi) azzeccato, era la correlazione con i corpi celesti. In particolare con il sole e le stelle. Sappiamo oggi infatti che è il nucleo degli astri il luogo in cui, a partire dall’idrogeno, tutti gli elementi vengono sintetizzati. La romantica frase “siamo fatti di polvere di stelle” non è poi così sbagliata. Senza entrare nei dettagli dei decadimenti e delle reazioni nucleari, c’è da dire che noi siamo in grado di fare l’inverso di ciò che fa una stella. Il funzionamento delle centrali nucleari ruota proprio intorno a degli elementi molto pesanti che, bombardati da particelle, si “rompono” in elementi più leggeri liberando un’energia tremenda. Nonostante queste eccezioni la kīmiyya, parola araba che sembra discendere dal greco fondere, che secondo gli alchimisti permetteva di mutare il ferro in oro, è ben oltre la portata della nostra realtà.
Chimica e alchimia: tra sogno e realtà
Se è vero che la magia per com’è intesa in manga e racconti non esiste nel nostro mondo, è altrettanto vero che la chimica è ciò che di più ci si avvicina. Il web è pieno di esperimenti che lasciano a bocca aperta. Se siete interessati a qualche esperimento potete cercare il “serpente del faraone”, il “dentifricio per elefanti” e ancora la reazione tra ioduro di potassio e nitrato di piombo. Ma dove si ferma la chimica per far posto alla fantasia? Non è facile dirlo. Certamente tramutare il ferro in oro o far prendere il volo al proprio vicino di casa che suona la batteria in piena notte non sono cose per questo mondo, ma le esplosioni ad esempio lo sono. La nitroglicerina, il fulminato di mercurio (diventato famoso dopo il suo utilizzo da parte di Walter White), il trinitrotoluene e molti altri composti, devono la loro esplosività alle loro proprietà chimiche. Alcuni di questi sono addirittura in grado di esplodere da soli se colpiti da un raggio di luce. Al secondo posto troviamo l’evocazione di fiamme simili a quelle dell’inferno, sempre grazie a delle reazioni chimiche dette ossidoriduzioni. Queste reazioni, le stesse che troviamo in forma molto più innocua nelle pile del telecomando, possono raggiungere temperature elevatissime, fino a fondere i metalli, e generare fiamme di colore nero, al pari dei peggiori incubi di Dan Brown. In terzo luogo troviamo il congelamento dato da reazioni fortemente endotermiche, le stesse che vi salvano dal dolore di una botta sul ginocchio quando utilizzate i pacchetti del ghiaccio sportivo. Gelo, fiamme, esplosioni e chi più ne ha più ne metta. Ci sono una miriade di esempi di come la chimica possa avvicinarsi alla magia. Allora diventa facile intuire il perché fino a qualche secolo fa fossero considerate la stessa cosa.