La situazione lavorativa attuale necessita sempre più di ripensare al lavoro e ai rapporti che il lavoratore si trova ad instaurare in questo contesto. Nell’ambito della psicologia del lavoro nasce il concetto di contratto psicologico di lavoro, il cui rispetto è necessario al mantenimento del benessere organizzativo.
La psicologia del lavoro è il ramo della psicologia che si occupa di studiare i comportamenti delle persone nel loro contesto di lavoro e nello svolgimento della loro professione in rapporto alle relazioni interpersonali, il compito da svolgere e gli obiettivi da raggiungere, nonché il funzionamento dell’azienda o organizzazione.
In una situazione lavorativa difficile come quella contemporanea è nata l’esigenza di ridefinire cosa sia un rapporto di lavoro e quali siano le condizioni in grado di garantire il benessere lavorativo.
Il rapporto di lavoro è da intendere come:
- Una relazione di scambio: in cui il lavoratore offre la propria manodopera in cambio di un compenso economico
- Una relazione gerarchica: in cui il lavoratore occupa una specifica posizione ed ha la possibilità di risalire o scendere questa scala (promozione/licenziamento)
- Una relazione sociale e psicologica: in cui il lavoratore si trova a comunicare on colleghi, titolare e altri attori del suo contesto professionale, non senza vivere specifiche emozioni legate a queste socializzazioni
La psicologia delle risorse umane, la cui attenzione è rivolta alle varie fasi che caratterizzano l’interazione tra individuo e organizzazione, e in particolare la gestione della relazione azienda-dipendente, ha evidenziato come il contratto di lavoro standard (contratto tecnico giuridico) assolva solo al mantenimento della relazione di scambio. Tale contratto risulta quindi incompleto ed implicito e non riesce a racchiudere tutti gli altri elementi che caratterizzano un rapporto di lavoro, in particolare i suoi aspetti di gerarchia e socializzazione.
Da qui l’esigenza di definire il “contratto psicologico”, che possa farsi garante delle aspettative relazionali e psicologiche del lavoratore e dell’azienda stessa.
Esempi di aspettative che il lavoratore ha nei confronti dell’azienda sono percepire un compenso equo per l’attività svolta, poter lavorare in un ambiente sicuro e pulito, essere rispettato, essere supportato dalla propria organizzazione per risolvere problematiche lavorative, etc.Dalla sua parte, l’azienda si aspetta invece che il lavoratore punti a migliorare il suo rendimneto, che rispetti l’orario lavorativo
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stabilito con il contratto tecnico-giuridico, e che dimostri lealtà ed onestà.
Lo psicologo del lavoro Chris Argyris definisce il contratto psicologico come un accordo non scritto che esiste tra lavoratore e datore di lavoro, tra individuo e organizzazione. Denise Rousseau invece lo considera come un’entità cognitiva, cioè un insieme di credenze che si riferiscono ai termini e alle condizioni dell’accordo di scambio e alle reciproche obbligazioni tra individuo e organizzazione. L’enfasi è sulle promesse che obbligano il lavoratore a mettere in atto dei comportamenti per il datore e sulle reazioni alla violazione delle promesse. Appare chiaro come quindi la coniazione del termine sia soltanto una formalità.
Il contratto psicologico è qualcosa di pre-esistente, già implicito in qualunque tipo di attività professionale.
La maggior parte degli psicologi è concorde nell’affermare che il contratto psicologico si formi nelle fasi iniziali del rapporto di lavoro, quindi nel momento di selezione e inserimento nell’organizzazione.
Esso è qualcosa che appartiene solo all’individuo e si può riassumere e concettualizzare in sei punti:
- Il contratto psicologico è un’entità percettivo/cognitiva. Ciò significa che non esiste concretamente, ma è dato dalle credenze che il lavoratore ha rispetto alla propria attività lavorativa. Queste credenze consistono fondamentalmente nelle promesse esplicite ed implicite scambiate con il datore di lavoro e/o l’azienda.
- Il contratto psicologico si riferisce ad una relazione. La relazione a cui si riferisce è quella tra la persona e l’organizzazione: essa implica un continuo scambio continuo di beni tangibili e intangibili tra questi.
- Il contratto psicologico è modellato dall’organizzazione. Le credenze relative al contratto, quindi le aspettative, si fondano sui comportamenti messi in atto e sperimentati nella specifica organizzazione nella quale si opera.
- Il contratto psicologico produce effetti sul comportamento lavorativo. Mantenere precisi comportamenti e prestazioni permette di ricevere benefici futuri (ad esempio un aumento, una promozione).
- Il contratto psicologico può avere contenuti diversi: il contenuto non riguarda ciò che avviene nella realtà in termini concreti, ma la percezione soggettiva che il lavoratore ha delle promesse fatte all’organizzazione.
Rispetto ai contenuti, è possibile indivudare due tipologie differenti:
a) Contratti psicologici transizionali: definiti come promesse di scambio che prevedono termini specifici ed espliciti e che si riferiscono ad un arco di tempo predefinito (“Ti do quello che mi chiedi e basta”).
b) Contratti psicologici relazionali: definiti come promesse di scambio che prevedono termini soggettivi ed impliciti e che prevedono un arco temporale indefinito (“Ti do quello che posso, mi sento membro dell’organizzazione”). - La violazione del contratto psicologico. Si ha un’infrazione del contratto psicologico quando una delle parti della relazione percepisce l’altra come inadempiente rispetto agli impegni promessi.
Essa si può riferire al tempo (lavoro presentato in ritardo), alla forma (lavoro presentato in forma diversa dal previsto), alla dimensione (lavoro presentato è ridotto rispetto a quanto promesso), all’equità (lavoro presentato è inferiore a quello di persone che occupano posizioni simili), o alla reciprocità (una delle parti percepisce che quanto dà all’altra parte è maggiore di quanto riceve in cambio).
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Il contratto psicologico si rivela non meno importante del contratto tecnico-giuridico. Tenere a mente l’esistenza di questo contratto permette di mantenere il benessere lavorativo in quanto le conseguenze della violazione possono avere impatti non indifferenti sull’attività professionale. Essa porta a reazioni emozionali, quali rabbia, disappunto e senso di tradimento. Se il lavoratore avverte una violazione di questo contratto si potranno avere effetti quali la diminuzione della soddisfazione lavorativa, un abbassamento del livello di fiducia verso l’organizzazione, nonché un decremento nel livello di prestazione, quindi l’intenzione di lasciare l’organizzazione.