Sebbene siano state localizzate aree del cervello circoscritte adibite all’elaborazione dei diversi sistemi sensoriali (vista, udito, tatto, olfatto, gusto), il dolore rappresenta una sensazione avvolta da un alone di mistero, dal momento che la sua descrizione e la sua localizzazione a livello corticale risultano aleatorie.
Il dolore è un’esperienza fortemente pervasiva per l’essere umano, dalla quale non ci si può esimere e che condiziona la quotidianità degli individui in maniera pregnante. E’ una presenza mal tollerata, che tuttavia è bisogna saper “sopportare”. Un’esperienza così intensa e, sotto alcuni aspetti, controversa, è da sempre oggetto di studio da parte dei neuroscienziati di tutto il mondo, i quali non sono ancora riusciti ad individuare una precisa descrizione e localizzazione a livello corticale. Ciò che invece risulta curiosamente certo è il fatto che non esiste una precisa scala di percezione del dolore: è un’esperienza puramente soggettiva, indescrivibile nei suoi attributi e che può variare in maniera profondamente significativa in base al vissuto, alla situazione e, addirittura, anche in base allo stato d’animo. Per poter conoscere il dolore è necessario, per prima cosa, chiarire cosa sia la percezione del dolore dal punto di vista anatomico.
La sensibilità termodolorifica
La sensibilità dolorifica è strettamente affiliata alla termica per il fatto che condivide con quest’ultima le vie di trasmissione al Sistema Nervoso Centrale. Da questa sua caratteristica prende il nome di Termodolorifica. Utilizza recettori a terminazione libera, dei neuroni che presentano una terminazione direttamente collegata allo stimolo che la elicita, che sono strutturalmente simili ai recettori adibiti alla percezione di tatto e propriocezione. Tuttavia questi si attivano in seguito a stimoli pressori più forti del normale o a temperature superiori a 45° o minori di 5°, stimoli potenzialmente, o realmente, pericolosi per il corpo. La trasmissione del segnale avviene attraverso il Midollo Spinale, il Tronco Encefalico (una struttura che mette in comunicazione il Sistema Nervoso Centrale con il Periferico) e il Talamo, un centro di elaborazione generale per tutti gli stimoli sensoriali provenienti dal corpo. Ma ecco che il nodo arriva al pettine: le afferenze che sono giunte al Talamo a questo punto dovrebbero trasmettere il segnale ad una determinata regione della corteccia cerebrale, tuttavia questo non accade per il dolore. Non si attiva una zona circoscritta della corteccia celebrale, quello che si attiva è un concerto di risposte corticali proveniente dalle aree più disparate!
Elaborazione plurima del dolore
A questo punto è necessario chiarire quali sono le aree che si attivano quando arriva uno stimolo doloroso. Ebbene, innanzitutto intervengono sensazioni provenienti dalla sfera emotiva, che permettono una differenziazione dallo stimolo tattile o propriocettivo proprio per la sua natura spiacevole. Quelle che si attivano sono, dunque, aree relative all’elaborazione dell’emozione, localizzate nella corteccia del cingolo anteriore, detta limbica, nella quale si ritrovano tutte le strutture cerebrali preposte all’elaborazione delle emozioni, quali amigdala, ippocampo e l’insula, una regione sottostante i lobi temporale, parietale e frontale. In secondo luogo interviene una valutazione cognitiva, che permette di riflettere riguardo al dolore stesso, in modo tale da rendersi conto sia della sensazione che si sta provando, sia dell’entità della sensazione negativa che, una volta percepita, aumenta di intensità. Sembrerebbe che le aree coinvolte c’entrino relativamente poco con l’elaborazione del dolore, che in prima analisi potrebbe essere visto come uno stimolo fisico e quindi logicamente affiliabile ad aree come quella della sensibilità tattile e propriocettiva. Tuttavia è proprio questo a renderlo unico nel suo genere: non esiste una definizione univoca per descrivere il dolore. Esso è unico per ciascun individuo, unico come le emozioni che le persone sperimentano innamorandosi, unico come il piacere nel gustare un gelato o disgusto per l’odore stantio di una cantina. Il dolore è intrinsecamente soggettivo.
Come si misura il dolore?
Anche questa appare una questione controversa. Come è stato appena appurato, il dolore è un’esperienza soggettiva, quindi appare impossibile applicarvi un’unità di misura. Sembrerebbe, inoltre, che vi siano delle differenze dal punto di vista etnico riguardanti la percezione dell’intensità del dolore. Un individuo afroamericano percepirebbe, infatti, il dolore in maniera minore rispetto ad un individuo di origini caucasiche. Esistono differenze di genere, in quanto la donna percepisce maggiormente il dolore rispetto ad un uomo. Inoltre, sembrerebbe che sia implicata anche una componente genetica, che rende gli individui più o meno predisposti alla resistenza al dolore. Questi dati, però, potrebbero variare sulla base della soggettività dell’individuo. Allora, come si misura il dolore se esistono queste differenze che sono anche aleatorie? L’unico metodo è quello di provare a chiedere al paziente di “descrivere” su una scala di range di valori il livello di intensità di dolore sperimentato, in modo tale che si possa ovviare una sensazione troppo spiacevole per il paziente se questo si trova in terapia, o per cercare di descriverlo nel caso si studi proprio il dolore.
Il dolore è necessario?
Assolutamente si. Una vita senza dolore è un miraggio, una sirena dal canto ammaliante. Sarebbe bello sperimentare una vita in assenza di dolore. Tuttavia, per quanto possa essere un compagno di vita sgradito, senza di esso la vita stessa potrebbe accorciarsi in maniera drastica. Ricerche condotte su individui affetti da mutazioni genetiche che hanno causato un’assenza della sensazione di dolore, hanno messo in evidenza il fatto che vivere una vita nella quale il dolore non è presente può essere molto rischioso, in quanto il corpo è privato delle “sentinelle” che lo avvisano di stimoli pericolosi o letali. Essere ignari del dolore potrebbe portare ad una degenerazione nel caso di un’infezione, o ancora ad un aggravare lesioni subite, o addirittura al non accorgersi di stare sperimentando uno stimolo molto pericoloso, come, per esempio, poggiare le mani su un ferro incandescente. In definitiva, per quanto sgradevole possa essere, il dolore è un amico-nemico indispensabile con il quale bisogna imparare a convivere.
di Alice Tomaselli