Il Meme egoista. Cos’è la genetica della cultura e come funziona l’imitazione sociale

I meme dell’universo digitale

Il bizzarro mondo fatato dell’internet ci dona costantemente un flusso incessante di immagini, battute, pensieri ed immani boiate. Le nostre bacheche di Instagram e Facebook traboccano di meme per tutti i gusti, da veri e propri gioiellini d’arte a discutibili tentativi di ironia mancata. Come detto altrove, memare è divertente ma non è obbligatorio. I meccanismi della rete si sono evoluti costantemente negli ultimi anni, mostrando tutto il loro potenziale nel diffondere prodotti culturali. Un esempio concreto? Chiunque sia in possesso di uno smartphone ha notato che, mercoledì 10 aprile, è stata rilasciata la prima foto di un buco nero, un evento di straordinaria importanza per l’umanità. La macchina mediatica di internet si è subito messa all’opera per la produzione in serie di memes sull’argomento buttandone fuori a iosa. Anche il meno avvezzo alle news scientifiche ha potuto osservare con gioia quel cerchietto rossastro su sfondo nero. Tale avvenimento mette in luce le interessanti dinamiche di propagazione delle informazioni nell’era digitale. I memes dell’internet sono solo un particolare tipo di “Meme”.  Nell’accezione scientifica l’omonima parola possiede un significato molto più ampio ed è oggetto di studio di una particolare disciplina.

La memetica e le leggi dell’imitazione

In analogia con la genetica, la memetica si occupa dell’evoluzione e la diffusione dei Memi, prodotti culturali originati dalla società e continuamente scambiati tra i suoi componenti. Seguendo la strada delineata dallo studio dei geni, l’etologo e saggista Richard Dawkins  riflette sulla capacità dei Memi di replicarsi nei cervelli umani per imitazione. Un idea, un comportamento, un opinione, uno modo di dire o una moda, questi sono Memi. Anche questi ultimi sono sottoposti alle leggi dell’evoluzione, e solo i più adatti a riprodursi vinceranno la lotta per la sopravvivenza. Oltre al processo di selezione, i memi sono affetti da mutazioni durante la replicazione. Un po’ come nel gioco del telefono senza fili, un’idea trasmessa da un individuo ad un altro viene a poco a poco modificata, trasformandosi incessantemente mentre si propaga. Ciò è particolarmente evidenze nel caso degli internet memes, in cui emerge tutta la creatività che ruota intorno a questo fenomeno. Ad esempio il meme “non è molto ma è un lavoro onesto” è stato modificato in tutti i modi possibili fino alla nausea, come altre decine di tormentoni della rete. Dal nostro punto di vista rappresenta solo del puro conformismo online, ma nella prospettiva dei memi segna una gloriosa vittoria riproduttiva. Dawkins definiva i geni “egoisti” perché non si curano tanto del benessere dell’individuo quanto della propria sopravvivenza. Ciò che davvero importa è solo massimizzare la probabilità di trasmettere i propri caratteri alle future generazioni. Il focus dell’evoluzione non è dunque l’individuo, ma i geni, e i soggetti ospitanti sono solo mezzi attraverso cui adempiere alla propria missione. Considerazione analoga potrebbe valere per i memi, il cui unico scopo e quello di replicarsi a più non posso  attraverso gli essere umani.

“Il gene egoista”, il saggio di Richard Dawkins

Il rovescio della memedaglia

Il grande problema di questa proto-scienza è la verificabilità. Mentre i geni possono essere studiati dal punto di vista fisico, finché non avremo strumenti per analizzare come un’idea si innesta in un cervello sarà piuttosto difficile dare conferme sperimentali alle teorie della memetica. Insomma, per ora il parallelismo geni-memi sembra solo una metafora. Anche l’ampio uso di parole come “influenza”, “diffusione”, “contagio”, richiamano più l’epidemiologia e lo studio delle malattie che la genetica in sé. Un significativo passo avanti potrebbe essere rappresentato proprio dagli internet memes. Grazie alla tracciabilità dei dati, la rete offre un ottimo strumento per un’analisi rigorosa secondo criteri scientifici. L’utilizzo di algoritmi permetterebbe di ricostruire il percorso di diffusione e fornire indicazioni su come funzioni effettivamente il contagio sociale. Sono passati quarant’anni dalla prima formulazione di memetica da parte di Richard Dawkins. Le possibilità messe in gioco dalle nuove tecnologie aprono nuove questioni e pongono nuove domande. Anche fenomeni apparentemente banali e futili come i memes forniscono utili indicazioni all’occhio attento dello scienziato sociale.

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