In che modo società e progresso hanno condizionato l’uomo e la sua libertà.
In un periodo come l’illuminismo del XVIII secolo, la fede nella ragione e nel progresso venne criticata dal filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau. La discussione sul progresso e i suoi effetti viene affrontata ancora oggi. Tra questi autori troviamo anche Italo Calvino.
L’uomo di natura in Rousseau
Jean-Jacques Rousseau, grande figura filosofica dell’illuminismo europeo, affrontò numerosi temi di culturali e sociali, tra cui temi di stampo politico. La sua opera principale “Il contratto sociale” (1762) fonda il moderno ideale democratico e rappresenta uno dei più grandi trattati politici moderni. Ma quest’opera è preceduta dal “Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza” (1755). In questo testo Rousseau analizza il ruolo che il progresso ha avuto sullo sviluppo umano, relazionandolo all’origine della disuguaglianza.
Così come la tradizione giusnaturalista anteriore a lui fece, Rousseau ipotizza un uomo pre-sociale, “allo stato di natura”. Secondo il filosofo l’uomo era al pari di tutte le altre specie animali, con le medesime facoltà ed istinti.
Quello che lo contraddistingue è il cosiddetto lato metafisico-morale i cui fondamenti sono la libertà di poter agire slegato dagli istinti, le passioni ed il concetto di perfettibilità, cioè la tendenza a migliorare se stesso e l’ambiente in cui vive. Quest’ultimo fonda le basi per il progresso umano che, di lì a poco, condurrà ad una società iniqua dove il ricco comanda sul povero e dove l’uomo vede perduta per sempre la sua libertà naturale.
Cosimo Piovasco di Rondò
Tornando a tempi più recenti, lo scrittore italiano Italo Calvino racconta ne “Il barone rampante” (1957) la storia di un giovanissimo barone nella Liguria del ‘700, che per un capriccio verso i genitori sale sopra un albero del giardino con la promessa di rimanere lassù per sempre. Il suo nome è Cosimo Piovasco di Rondò. L’incontro con la giovane vicina Viola, anche lei di nobile famiglia, confermerà questa scelta come una promessa d’amore.
Da qui nasceranno una serie di avventure e peripezie che formeranno il giovane Cosimo durante tutta la sua vita, vissuta in aria tra un ramo e l’altro. Infatti si procaccia il cibo, sviluppa astute tecnologie e macchinari per rendere la vita sui boschi più piacevole, legge e viaggia senza mai scendere, grazie alla fitta rete di boschi che in quei tempi coprivano vasti territori.
Dunque la sua storia rappresenta appieno il porsi al di fuori degli schemi sociali per costruire in modo indipendente la propria libertà.
Il barone, la libertà e la società
La figura di Cosimo sposa in un certo senso l’idea di uomo allo stato di natura rousseauiano. Il giovane barone guadagna una sorta di libertà slegandosi da quella società che l’aveva oppressa, e da sé riesce a sottostare a leggi sue (altro tema centrale nella filosofia rousseauiana).
Tuttavia Italo Calvino descrive questa sua libertà in stretta relazione al progresso che egli compie e agli agi che si crea per la vita sugli alberi. Dall’altra parte Rousseau condanna il progresso che ha condotto l’uomo a prendere quella libertà naturale per sempre, sostituita da una apparente libertà politica.
In conclusione, ci troviamo effettivamente di fronte a riflessioni importanti che riguardano effettivamente l’intera sfera dell’umano. Il progresso come fondamento della diseguaglianza e aspramente condannato dal filosofo ginevrino è dallo stesso descritto come costitutivo