La democrazia funziona? Già gli antichi si erano fatti questa domanda di scottante attualità

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un indebolimento delle democrazie a favore di regimi autocratici. È lecito domandarsi se le democrazie funzionino realmente e quali siano i loro pregi e difetti. Già gli antichi Greci avevano riflettuto su questo tema.

Il Partenone sull’Acropoli di Atene è il simbolo della democrazia greca (Pexels)

Le elezioni politiche del 2022 in Italia hanno fatto registrare un notevole calo dell’affluenza (circa il 64% contro il 73% del 2018). Questo dato è già sintomatico di per sé perché evidenzia una grande disaffezione dei cittadini per il voto – rito democratico per antonomasia – e, conseguentemente, un indebolimento del concetto stesso di democrazia per cui il potere “è nelle mani del popolo”. Negli scorsi anni abbiamo visto le democrazie relazionarsi – spesso con fatica – con regimi autocratici o tiepidamente democratici. Sorge una domanda: la democrazia funziona o è sopravvalutata? Questo dibattito aveva già avuto luogo nell’antica Grecia e proveremo a capirne qualcosa in più tramite la voce degli antichi.

Erodoto e il logos tripolitikòs

Erodoto, storiografo greco attivo nel V secolo a.C. (abbiamo parlato di lui qui), nel III libro delle sue Storie (capp. 80-81-82), dopo aver raccontato le follie e la morte del re persiano Cambise mette in scena un dialogo fittizio tra alcuni aristocratici persiani che dibattono su quale forma di governo adottare per la nuova fase dell’impero. In pochi capitoli Erodoto, per bocca dei nobili Otane, Megabizo e Dario (che poi diverrà re persiano) passa in rassegna le principali forme di governe antiche: la democrazia, l’oligarchia e la monarchia (si tratta del cosidetto logos tripolitikòs, “discorso sulle tre forme politiche”). Il primo a parlare è Otane che, memore della tirannia del defunto Cambise, bolla negativamente diversi aspetti della monarchia. Essa, infatti, costituisce un grave pericolo per il popolo perché ubriacherebbe di potere il sovrano e

Allontanerebbe dal suo solito modo di pensare anche il migliore degli uomini, una volta giunto a tale autorità

In seguito, Otane si sofferma sulla crudeltà del monarca che è solito circondarsi di adulatori, compiere nefandezze e restarne impunito, compiacersi di imbroglioni e farabutti. Al contrario, il governo del popolo (chiamato da Erodoto isonomia, ossia “uguaglianza delle leggi”) esercita il potere in modo sobrio e moderato, è soggetto al controllo da parte della maggioranza e non può degenerare per eccesso di ambizione. Risulta evidente come il passo risenta in modo marcato della propaganda ateniese del V secolo (Erodoto conobbe lo statista Pericle – di cui parleremo in seguito – e visse nell’Atene democratica) e non possa costituire un reale documento storico che descriva l’umore della classe dirigente persiana prima dell’elezione di Dario. Il concetto alla base, però, è ancora oggi molto interessante: la democrazia imbriglia il potere dei singoli ed evita che esso sfoci in regimi autocratici in cui il sovrano – uomo solo al comando – si trova al di sopra della legge.

Busto di Pericle (Wikimedia)

La democrazia ateniese raccontata da Pericle

Quando si pensa alla Grecia classica una delle prime parole che vengono alla mente è “democrazia”. Qualunque studente ha imparato che, circa 2500 anni fa, ad Atene venne realizzato uno dei più grandi esperimenti della storia dell’Umanità: dare la possibilità al popolo nella sua totalità di esprimersi. Il V secolo a.C. è il secolo d’oro di Atene e Pericle è il principale politico che lo rappresenta. Possediamo, grazie allo storico Tucidide, un discorso che lo statista Pericle avrebbe pronunciato in occasione della fine del primo anno di guerra contro Sparta (431-430). Si tratta di un epitaffio (ossia un discorso in onore dei caduti) e per noi è una fonte storica inestimabile perché contiene alcune informazioni sulla democrazia ateniese e su come essa veniva percepita (II 37):

Abbiamo una costituzione che non emula le leggi dei vicini […]. E poiché essa è retta in modo che i diritti civili non spettino a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi […] a tutti spetta un piano di parità.

La Costituzione Europea del 2003 riporta, nel preambolo, questo estratto tucidideo e, dunque, elegge a proprio modello la democrazia ateniese. Emerge in modo molto chiaro come la parità dinnanzi alla legge e il principio per cui la maggioranza dei cittadini è chiamata a decidere siano i concetti basilari su cui si fonda questo nuovo regime. Sarà importante ricordare, però, che la democrazia greca non era affatto simile alla nostra: per Atene possiamo parlare di una vera democrazia diretta in cui i cittadini partecipavano alla vita politica (era in vigore il sorteggio per determinate cariche pubbliche, ad esempio), al contrario della nostra democrazia rappresentativa; inoltre, nonostante lo stesso Pericle parli di una “maggioranza” di cittadini, i diritti politici erano elitari e riservati ai cittadini maschi e liberi (donne e servi ne erano privi).

Ancora, nell’epitaffio di Pericle leggiamo di come la democrazia servisse anche per sradicare il potere aristocratico detenuto dalle grandi famiglie aristocratiche. La democrazia ateniese, infatti, diventò radicale nel 461 quando vennero aboliti i poteri dell’Areopago (l’antico tribunale baluardo del potere aristocratico) e, in generale, possiamo affermare che almeno in un primo momento ad Atene si assistette ad un forte scontro politico e sociale tra i sostenitori dell’antico ordine aristocratico-oligarchico e i fautori del nuovo regime democratico. Pericle, a proposito della differenza tra cittadini nobili e non, dice chiaramente:

E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dall’oscurità del suo rango sociale.

Inoltre, Pericle, maestro di propaganda, collega il regime democratico ateniese ad una vera propensione dei cittadini per la ricerca del “bello” e del “sapere“, come se il nuovo ordinamento politico fosse anche la base per un innalzamento personale e culturale del popolo. I verbi messi in bocca a Pericle da Tucidide sono philokaloumen e philosophoumen che, letteralmente, signficano “amiamo la bellezza” e “amiamo la sapienza”: queste scelte lessicali sottolineano proprio come se una caratteristica intriseca della democrazia sia suscitare una vera passione nei cittadini per due concetti cardini del pensiero greco. La kalokagathìa, infatti, ossia l’insieme di “bellezza e bontà morale” era la caratteristica principale dell’eroe greco.

Il “Vecchio oligarca” e la critica alla democrazia

A me non piace che gli Ateniesi abbiano scelto un sistema politico, che consenta alla canaglia di star meglio della gente per bene

Con queste parole si apre il pamphlet propagandistico anonimo conosciuto come “La costituzione degli Ateniesi“. Si tratta di un libello polemico di cui ignoriamo l’autore (la critica, quindi, ha coniato la definizione generica di “Vecchio oligarca“) composto tra il V e il IV secolo a.C. Già l’incipit riassume in modo conciso e lapidario la principale critica che l’autore muove al regime democratico: ossia il livellamento tra il popolo rozzo e gli aristocratici. Se con Pericle abbiamo visto come la parità tra i cittadini (in greco to ison) sia una caposaldo della nuova Atene democratica, con il Vecchio oligarca ci rendiamo subito conto di quali dovettero essere le reazioni dei nobili, dei ricchi, della gente “per bene” all’idea che una massa volgare (il demos, appunto) fosse al comando della città. Questa visione per cui un sistema politico democratico in qualche modo porti alla ribalta cittadini di dubbia moralità o capacità (canaglie per l’appunto) è stata elaborata qualche secolo dopo dallo storico Polibio (II secolo a.C.). Egli, nelle sue Storie, descrive un processo di corruzione progressiva dei sistemi politici noto come anaciclosi (“ciclo, evoluzione”) per cui i regimi istituzionali con il tempo si guastano dando origine alla loro forma degenerata. Secondo questa teoria la democrazia andrebbe incontro ad un processo degradante che la renderebbe un’oclocrazia (ochlos, in greco, significa “massa” e ha un’accezione negativa in ambito politico).

Il nostro autore, quindi, vede nel gioco democratico il solo tentativo da parte della gentaglia di acquisire potere a scapito degli aristocratici. Il pamphlet, però, è interessante perché oltre a criticare la democrazia, tenta di giustificarla nell’ottica del popolo stesso. Per il Vecchio oligarca la democrazia è un sistema politico pessimo ma il migliore per Atene (egli dice: “voglio mostrare che lo difendono bene il loro sistema, e che a ragion veduta fanno tutto quello che gli altri Greci disapprovano”). Il motivo per cui Atene ha scelto la democrazia sarebbe da ricercare in una particolare necessità bellica. Infatti:

è giusto che lì i poveri e il popolo contino più dei nobili e dei ricchi: giacché è il popolo che fa andare le navi e ha reso forte la città.

Atene ha una straordinaria flotta e ha l’egemonia sul mar Egeo. Le triremi ateniesi hanno bisogno di un equipaggio di leali e numerosi rematori che vengono arruolati tra i teti, ossia i membri della classe sociale più povera della città. La democrazia, quindi, è presentata come un “male necessario” che blandisce e innalza la plebe per garantire la forza marittima della polis. Sempre nelle prime battute della “Costituzione degli Ateniesi”, il nostro autore sferra un altro colpo all’idea che chiuque possa governare quando afferma

Il popolo non ama rivestire quelle magistrature dalla cui buona gestione dipende la sicurezza di tutti e che invece, se rette male, comportano rischi: perciò esclude dal sorteggio il comando dell’esercito e il comando della cavalleria.

Questo ultimo passo ben descrive come in politica (allora come ora) sia difficile improvvisarsi esperti e competenti in ambiti e ruoli di primissimo livello che hanno dirette conseguenze sulla vita di una comunità.

L’ordinamento democratico – come s’è visto – fin dalla sua nascita è stato incensato e, al contempo, criticato. Resta interessante, in conclusione, pensare che un sistema politico così raffinato e innovativo per l’antichità sia ancora oggi una delle principali forme di governo del globo. Non sappiamo se con questo articolo abbiamo risposto alla domanda contenuta nel titolo ma vogliamo concludere con una citazione di Churchill che rispecchia l’opinione di chi scrive:

È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate finora

 

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