La terribile vicenda di Ilaria Salis ci ricorda l’importanza dei diritti umani in carcere

Impossibile non averne sentito parlare negli ultimi giorni: il caso di Ilaria Salis sta provocando indignazione in tutto il nostro Paese.Su tutti i telegiornali della nazione una notizia sta spiccando particolarmente: quella che riguarda Ilaria Salis. La vediamo vestita normalmente, in jeans e maglione, con i capelli sciolti e il volto teso. E’ in un’aula di tribunale, circondata da poliziotti e poliziotte ungheresi. Sembrerebbe una scena normale in un’aula giudiziaria, se non fosse che Ilaria è ammanettata, mani e piedi, e tenuta legata a un guinzaglio. Una visione aberrante nel nostro civilissimo Occidente, ma che è praticamente la normalità in alcuni Paesi.

Il caso di Ilaria Salis

Ilaria Salis è una maestra trentanovenne di Milano. Da quasi un anno è detenuta nelle carceri ungheresi, con l’accusa di aver aggredito due militanti di estrema destra alla Giornata dell’Onore, durante una manifestazione a Budapest. A loro è stata prescritta una diagnosi di cinque e otto giorno, ma lei rischia ben ventiquattro anni di detenzione. La donna è stata riconosciuta dagli inquirenti ungheresi in alcuni filmati amatoriali, ripresi in mezzo agli scontri fra le strade della capitale magiara. Per questo, è stata arrestata giusto qualche ora dopo la fine delle manifestazioni, in un taxi, con altre due persone.

La difesa e la detenzione

La famiglia Salis non si dà pace dall’11 febbraio 2023, il giorno dell’arresto di Ilaria. I suoi legali contestano, fin dall’inizio, il fatto che la ragazza non sia veramente la persona ritratta in quei video amatoriali o in quei frame di telecamere. Non solo: contestano anche la mancata traduzione degli atti giudiziari in inglese e in italiano, cosa che ha impedito alla donna di conoscere appieno i reati di cui viene accusata. La difesa ha chiesto l’esame dei due neonazisti, la perizia di un consulente antropometrico e quella di un medico legale sulla natura potenzialmente letale (come sostiene l’accusa) dei colpi inferti ai due uomini. Inizialmente, gli inquirenti ungheresi hanno richiesto la condanna di Ilaria Salis a undici anni, se lei si fosse dichiarata colpevole e avesse accettato il patteggiamento. In aula, si è dichiarata innocente: ora rischia fino a ventiquattro anni di carcere.

Diritti umani e detenzione

Comparsa il 29 gennaio davanti alla corte di giustizia di Budapest, Ilaria Salis continua a combattere per la sua innocenza. Legata mani e piedi, tenuta alla catena da una poliziotta e circondata da agenti. La scena ha scandalizzato un Paese intero, soprattutto perché ciò avviene in Ungheria, uno Stato visto come avanzato e moderno. Sembra che ce ne siamo accorti solo ora: anche le persone che sono in attesa di giudizio o in detenzione hanno dei diritti. Tutti, in quanto esseri umani, abbiamo diritti che devono essere rispettati sempre, da tutti e in qualunque parte del mondo. Lo sancisce la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, ma anche molti regolamenti europei. Non a caso, la Corte Europea dei Diritti Umani ci ha sanzionato diverse volte per non aver rispettato i diritti umani dei detenuti delle nostre carceri: celle piccole, luce artificiale perenne, freddo polare o caldo massacrante. Basta guardare a casa propria per vedere tutte le brutture del sistema giudiziario. Detto questo, richiedere giustizia per Ilaria Salis è urgente e doveroso.

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