Si sente spesso parlare di energie rinnovabili. Ma cosa rende una fonte di energia tale? Perché sono diverse dalle altre?
Solare, eolico, geotermico, idroelettrico e altre ancora. Sono queste alcune delle energie rinnovabili.
Il sole: la “big mama” dell’energia
Il sole è letteralmente la madre di tutte le forme di energia. Petrolio e carbone sono di origine animale o vegetale, ma senza il sole la vita sulla terra non potrebbe esistere. L’energia eolica e idroelettrica sono originate da spostamenti d’aria e di nuvole, presenti grazie al sole che riscalda l’atmosfera. Infine l’energia solare stessa ovviamente proviene dal sole. Le uniche due forme di energia ad avere un legame più labile con la nostra stella sono il nucleare e il geotermico. Quest’ultima però proviene dal calore interno del nostro pianeta, che è “figlio” di quello che un tempo era il disco di materiale intorno al sole destinato a creare i pianeti del sistema solare. In un certo senso quindi, anche la geotermia ha origine dal sole. Concentriamoci però ora sul solare. Il vantaggio enorme del solare è ovviamente il sole stesso. La nostra stella non smetterà di brillare ancora per diversi milioni di anni, quindi si può considerare a tutti gli effetti energia pulita e rinnovabile. Il solare ha due principali svantaggi. Il primo è, come potrete immaginare, l’alternanza tra il giorno e la notte e tra giornate soleggiate e giornate nuvolose. Il secondo invece, un po’ meno scontato, riguarda il rendimento dei pannelli. Quando dell’energia viene imbrigliata da una fonte per essere utilizzata, una parte di questa viene dispersa, un po’ come quando riempite una borraccia da una cascata e gran parte dell’acqua sfugge alla bocca del contenitore. Lo stesso succede con i raggi del sole, che sono molto difficili da catturare. I rendimenti dei pannelli solari sono infatti molto bassi e i materiali usati per costruirli molto costosi. Sebbene negli ultimi anni gli accumulatori elettrochimici, parolona per descrivere della “casse” in cui l’energia può essere trattenuta per un po’ fino all’utilizzo, abbiano fatto dei passi da giganti nell’accumulare energia, il rendimento resta un collo di bottiglia non da poco per questo tipo di impianti.
Via col vento, o meglio, con l’eolico
L’energia eolica è senza dubbio tra le fonti rinnovabili più famose e diffuse. Il problema maggiore, come nell’energia solare è la poca costanza del vento. Per fare sì che l’eolico abbia una buona resa, le pale devono essere assemblate in delle zone dove il vento soffia per circa due terzi dell’anno. Non è necessario infatti che il vento abbia una velocità esagerata, è sufficiente che sia il minimo perché la pala venga messa in moto. In base al luogo identificato per la costruzione dell’impianto, la pala viene disegnata con una certa dimensione, ossia un certo diametro e una certa altezza. A differenza del solare, l’eolico ha un funzionamento più semplice e un rendimento più alto. Si tratta infatti “semplicemente” di trasformare l’energia meccanica dell’aria in movimento, in energia elettrica. Proprio come l’acqua quando muove un mulino. La particolarità dell’eolico è che, a causa dei continui e inevitabili cambiamenti di velocità del vento, la corrente elettrica viene prima prodotta sotto forma di corrente alternata, in seguito trasformata in corrente continua, e poi nuovamente in corrente alternata. Senza soffermarci troppo sul significato di questa frase, è sufficiente dire che è un caso unico nel suo genere, in quanto di solito la corrente proveniente da fonti rinnovabili e non, viene prodotta direttamente in corrente continua e trasformata solo una volta.
Viaggio al centro della terra, alla scoperta del geotermico
La geotermia è stata fino a qualche anno fa oggetto di numerose speranze per la sostituzione delle energie fossili. Il motivo è semplice: si tratta di un’energia inesauribile nel breve tempo, presente praticamente sotto tutta la superficie terrestre e che non risente degli sbalzi meteorologici o dell’alternanza tra giorno e notte. Il problema principale è però la sua difficile “estrazione”. Regioni geografiche come l’Islanda, o altre con una forte attività vulcanica e vicinanza al mantello terrestre, sono perfette per la costruzione di impianti geotermici. Al contrario invece, zone in cui la crosta terrestre è più spessa o più dura da penetrare, sono le più complicate da sfruttare. Grazie all’avanzamento esponenziale avuto dall’ingegneria mineraria nel secolo scorso, le tecnologie di trivellazione e sfondamento della superficie terrestre si sono molto evolute. Nonostante questo però, la geotermia rimane per ora la più ostica fra le energie rinnovabili a nostra disposizione. La geotermia è anche origine di alcuni fenomeni unici nel loro genere, come geyser e vulcani. Questi sono infatti alimentati direttamente dal calore interno della terra, e furono usati in passato per costruire impianti termali o rudimentali sistemi di riscaldamento.
La forma dell’acqua, e delle turbine
A tutti sarà capitato di vedere vicino a un lago o un fiume un qualche impianto per la produzione di energia. In generale, questi impianti sfruttano la caduta o la naturale corsa dell’acqua per produrre energia elettrica tramite delle turbine. Fin qui, nulla di particolare. D’altronde la stessa tecnologia veniva usata nei mulini per attivare le macine e tritare il granoturco o altri cereali. La cosa curiosa si trova invece nella forma delle turbine, o meglio nella loro dimensione. Come per l’eolico infatti delle zone più o meno ventose hanno bisogno di pale più o meno ingombranti, così nell’idroelettrico ci sono dei casi in cui è conveniente utilizzare una turbina più grande, e dei casi in cui invece è opportuno fare il contrario. I due indici più importanti nella progettazione di una centrale sono il salto, quindi l’altezza da cui l’acqua cade, e la portata di acqua in caduta. A portata minore corrisponderà una turbina di una certa dimensione, mentre per una portata maggiore ne servirà una più grande e così via. Le centrali idroelettriche sono solitamente di due tipi: grande salto e piccola portata, come quelle a valle delle cascate, o grande portata ma piccolo salto, come la centrale delle tre gole in Cina. L’idroelettrico è a sua volta una delle energie rinnovabili più diffuse al mondo, e trova larga applicazione in molti stati diversi. Ironia della sorte, gli unici stati in cui fatica a svilupparsi sono quelli in cui domina la siccità, ma sono zone geografiche che spesso e volentieri vanno a braccetto con il solare. Insomma, di energie rinnovabili ce n’è per tutti i gusti.
Incontri ravvicinati con energie del terzo tipo
Le energie rinnovabili citate sopra, non sono però le uniche ad avere “impatto zero”. Negli ultimi anni infatti si stanno facendo strada i biocarburanti, o biocombustibili. Alcuni esempi sono biodiesel, biometano e bioetanolo. Ma cosa li rende “bio”? Semplice, non la loro composizione, che è pressoché identica a quella di altri combustibili di origine fossile, ma il modo in cui essi vengono prodotti. Il biodiesel ad esempio è ricavato a partire da oli esausti, ad esempio quelli che utilizziamo in cucina, e metanolo. Un altro importante punto che rende questi carburanti “bio” è la loro affinità con la cosiddetta economia circolare. Essi infatti nel loro ciclo di produzione e di utilizzo non hanno nessun impatto aggiuntivo di CO2, a differenza dei combustibili fossili. Diverse norme europee stanno aumentando l’obbligatorietà del biodiesel, così come anche del biometano. Il biometano viene prodotto per la maggior parte da dei batteri che, nutrendosi di scarti di vario genere, emettono una miscela di metano e anidride carbonica. Questa miscela, oltre che avere un buon potere calorifico, è completamente di origine biologica e non comporta quindi alcun impatto ambientale. Insomma, sono diversi ormai i combustibili di nuova generazione che si affacciano alla nostra realtà, e nonostante il petrolio sia ancora il fornitore più efficace di plastiche e solventi organici, poco a poco verrà meno la sua egemonia sui combustibili, verso un mondo più pulito e meno inquinato.