L’esito popolare di The Voice: quando la poetica classicista abbatte l’innovazione portatrice di contenuto

Confrontare un movimento artistico di quattro secoli fa con una trasmissione dalle sfumature trash può sembrare una scelta azzardata quanto improbabile, ma solo così possiamo dare una spiegazione all’esito finale.

THE VOICE OF ITALY 2019, atto finale con Simona Ventura stile Madonna

A distanza di quattro mesi da Sanremo, si conclude un altro prestigioso evento musicale targato Rai, in questo caso un talent show nel quale si premia la voce: The Voice of Italy. Si tratta della versione italiana del format olandese trasmesso in tutto il mondo. Quest’anno la voce premiata come migliore d’Italia è stata quella di una giovane ragazza campana, di soli 16 anni. Dotata di aspetto giovanile e di una voce talentuosa, Carmen si prepara a firmare un contratto discografico con la Universal e a sfondare nella musica italiana, o almeno lo speriamo per lei. Infatti le si augura tutto il bene e la fortuna di questo mondo, ma ciò non ci permette di distogliere lo sguardo da una piega alquanto tradizionalista che la trasmissione ha preso nell’ultima puntata.

Il retrogrado finale di The Voice

A differenza dell’esito pressoché rivoluzionario di Sanremo, nel quale la vittoria inaspettata del suono fresco e progressista di Mahmood e Charlie Charles ha lasciato il pubblico a bocca aperta, quello del programma condotto da Simona Ventura ha fatto compiere un passo indietro alla musica italiana. In poche parole sono stati esaltati dai telespettatori gli ideali di armonia e di proporzione come canone dell’operare artistico, modello di equilibrio e universalità che hanno conferito la vittoria alla genuinità delle parole della prima classificata. Parole semplici e appunto genuine, che non fanno altro che raccontare la classica storia d’amore sentita e risentita, che calca le classiche sfumature del pop italiano. Una ragazza innamorata di un ragazzo che non ricambia le sue attenzioni decide di partire verso il mare, un luogo ideale metafora di un obiettivo da raggiungere. Tutto molto bello direte voi, peccato però che la spontaneità della canzone della beniamina di Gigi D’Alessio ha leggermente spostato l’attenzione dall’autenticità del singolo della prescelta del coach avversario di Gigi, Guè Pequeno. Il singolo in questione è Carte di Brenda Carolina Lawrence, che tratta un argomento autobiografico oggettivamente pregnante di significato: i litigi in casa tra genitori riversati sui figli che ne condizionano la crescita serena.

Inoltre c’è da dire che, almeno per quanto è stato detto, questa canzone nasce dalla penna di Brenda, al contrario del singolo di Carmen scritto da una seconda mano e interpretato solo vocalmente. A queste considerazioni aggiungiamo le sonorità, più urban e innovative quelle della seconda classificata, più popolari e retrograde quelle della vincitrice, considerate, a detta di molti, la solita minestra riscaldata. Per non parlare del metodo di votazione molto contestato dagli altri due coach, Morgan ed Elettra, il televoto tramite sms. Tanto antiquato quanto poco raggiungibile dalle nuove generazioni, che di certo non perdono tempo a mandare un sms, bensì preferiscono lasciare un like su instagram alla foto del concorrente da loro scelto (da notare che sul social la partecipante di origini americane ha ottenuto un grande successo battendo Carmen). Questa modalità aveva però solo 1/5 del valore totale del voto, quindi è stato poco influente sul risultato finale. Tutto abbastanza classico. Ma andiamo ora a riprendere una frase utilizzata nella prima parte del paragrafo per capire in che modo hanno ragionato i sostenitori di Carmen che, a parte portare sul palco una voce da futura popstar, non ha fatto altro che lasciare un senso di anonimato con il suo singolo, nelle menti di chi si aspettava magari un uso più propedeutico di quella che è l’arma mediatica più potente al mondo: la musica.

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Il classicismo musicale contemporaneo

‘Sono stati esaltati dai telespettatori gli ideali di armonia e di proporzione come canone dell’operare artistico, modello di equilibrio e universalità’, vi ricorda qualcosa? È la definizione di Classicismo che più o meno tutti almeno una volta abbiamo portato ad un’interrogazione di letteratura o storia dell’arte nella nostra carriera scolastica. Con la differenza che gli ideali ai quali facevamo riferimento erano quelli delle civiltà greco-romane. Perché è così che oggi ragionano la maggior parte degli ascoltatori di musica in Italia, dando più importanza alla forma, all’armonia e alla semplicità che al contenuto, continuando una linea di pensiero che va avanti ormai dalla seconda metà del ‘900, dalla nascita della popular music (chiamata anche musica leggera) nei locali, usata fin dall’inizio come sfondo delle serate a differenza della musica colta che ne era invece il centro. Ma tornando al classicismo c’è da dire che era fortemente legato alla poetica dell’imitazione, per cui era quasi necessario imitare i classici per raggiungere un’ideologica perfezione. Durante il Rinascimento il Classicismo era alla base di tutte le arti, una sorta di obbedienza a norme precise. Un esempio è Prose della volgar lingua di Pietro Bembo risalente al 1525, testo che promuove il fiorentino letterario trecentesco a modello unico degli scrittori italiani ed esalta i grandi autori del trecento: Francesco Petrarca per la poesia e Giovanni Boccaccio per la prosa.

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Quindi così come il pensiero di Bembo ha influenzato la lingua italiana fino ai giorni nostri, la mentalità retrograda della Rai e più in particolare del pubblico da casa ha influito sulla vittoria meritata di Carmen. Perché sì, alla fine la ragazza che è riuscita a catturare più audience si è meritata la vittoria, che sia per la giovane età, che sia per la voce a dir poco sensazionale. In ogni caso però la sensazione è stata quella di un finale appunto alquanto classicista, come se ci fossero stati dei canoni da seguire o dei modelli da rispettare che hanno sfavorito Brenda, una ragazza che ha avuto realmente qualcosa di importante da comunicare e soprattutto lo ha fatto con uno stile più moderno. Probabilmente sarà il fatto che il programma si chiama The Voice e quindi va premiata la voce, ma sta di fatto che in Italia è come se a volte persista la paura del progresso musicale, anche se, a vedere il risultato del vincitore di Sanremo all’Eurovision, sembrerebbe non esser sempre così sbagliato. Forse ogni tanto sarebbe il caso di tentare un cambiamento da tutto ciò che olezza di classico, perché in fondo la musica è anche e soprattutto evoluzione.

Gianmarco Marino

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