L’importanza di Woody e Buzz in Toy Story secondo l’oggetto transizionale

Molti bambini hanno un rapporto particolare con alcuni oggetti o giocattoli: non riescono a separarsi da loro, li portano sempre con sé, piangono o sono a disagio quando se ne devono privare…

Esempi celebri in questo senso sono sicuramente la coperta di Linus, personaggio dei Peanuts, o Elmo dei Muppets, anch’egli con la sua copertina blu, ma anche l’orsacchiotto Ted per il proprietario John Bennett;

Dal film “Ted” (2012)

Tutti questi comportamenti sono spiegabili alla luce del concetto di Oggetto Transizionale, teorizzato dallo psicoanalista e pediatra inglese Donald W. Winnicott.

Donald W. Winnicott (1896 – 1971)

L’OGGETTO TRANSIZIONALE

Possiamo definire l’oggetto transizionale come un surrogato materno oggettuale, fisico, dove “oggetto” sta infatti ad indicare l’esistenza fisica, reale e concreta, di tale oggetto, al di là della sua valenza simbolica.

Winnicott definisce “sufficientemente buona” quella madre che risponde in modo pronto ed immediato ad ogni bisogno del bambino ma che, durante lo sviluppo evolutivo infantile, è anche in grado di distaccarsi gradualmente dal bambino, attraverso una serie di “fallimenti” necessari al “de-adattamento“, per permettergli di vivere l’esperienza della separazione: la transizionalità non è immanente all’oggetto ma è piuttosto l’azione permessa dall’oggetto, ovvero quella di passare da un rapporto simbiotico di “dipendenza assoluta” con la Madre, dove il bambino è con lei un tutt’uno, ad uno stadio di “dipendenza relativa” dove la Madre è esperita e realizzata come separata, esterna, come un altro Soggetto a sé stante.

L’oggetto transizionale si configura quindi come sostituto materno, dalla funzione principalmente supportiva e affettiva per quei momenti di separazione dal reale materno che il bambino può vivere con angoscia.

La grande innovazione di Winnicott è la concretizzazione di quest’oggetto, che è contemporaneamente reale e simbolico, permettendo al bambino di allontanare e di allontanarsi realmente dalla madre ma di averla allo stesso tempo funzionalmente vicina sul piano del simbolico.

“Il punto essenziale dell’ oggetto transizionale non è il suo valore simbolico, quanto il fatto che esso è reale.
E’ un’illusione ma è anche qualcosa di reale.”

L’oggetto transizionale svolge quell’importante funzione di “àncora affettiva” di conforto che permette al bambino di esplorare il mondo senza provare paura e creare così una duplice realtà oggettiva: quella dell’oggetto, attraverso l’esplorazione dell’ambiente e la comprensione così dell’esistenza di una realtà esterna, e quella del soggetto, ovvero quella prima consapevolezza del Sé che sarà fondamento per la propria formazione identitaria.

LA FORMAZIONE DELL’OGGETTO

E’ importante sottolineare come la capacità di creare e quindi di usare oggetti transizionali non sia innata ma strettamente legata alla crescita e allo sviluppo psico-evolutivo.

La funzione transizionale è creata dal bambino a conclusione di un processo fasico che, partendo da una prima fase dove il bambino si rapporta con il “Non-Me” oggettuale, attraversa la fase cruciale intermedia, dove il bambino, che si trova in una fase dello sviluppo di onnipotenza, pone l’oggetto al di fuori del suo controllo onnipotente, creandolo così di fatto e riconoscendolo in questo modo come oggetto esterno: l’esperienza di onnipotenza si configura allora come “illusione di creare l’oggetto“.

La creazione dell’oggetto come oggetto reale avviene in seguito alla distruzione dello stesso e al nuovo riconoscimento che riceve: l’oggetto, collocato al di fuori della sfera di onnipotenza infantile, viene distrutto ma, nel caso in cui sopravviva all’atto distruttivo, acquisisce nuovo valore agli occhi del bambino poiché sopravvivendo si è configurato come un’altra realtà oltre a quella del “Me” onnipotente dell’infante, come “Non-Me“; in questo modo, l’oggetto viene definitivamente riconosciuto come autonomo e acquisisce quell’importanza e quella funzione sopra discussa.

L’aspetto creativo è cruciale per Winnicott: il bambino deve sentire di aver creato lui stesso quell’oggetto e non di averlo scoperto, poiché l’atto creativo sottende un “controllo magico” dell’oggetto da parte del bambino tipico del periodo di onnipotenza, essenziale per il processo di differenziazione tra “Me” e “Non-Me” e quindi tra realtà soggettiva e realtà oggettiva.

Esaurita la propria funzione, l’oggetto transizionale non viene dimenticato ma “abbandonato nel limbo“, in quell’area intermedia che Winnicott chiama anche “spazio potenziale” o “terza area“, una sorta di luogo di riposo dove è possibile abbandonare la distinzione tra realtà e fantasia e che in virtù di ciò costituisce la sorgente del simbolismo che in età successive si traduce nel gioco, nella creatività, nel gusto artistico ma anche nel sentimento religioso o nel sogno.

GIOCATTOLI TRANSIZIONALI

La funzionalità dell’oggetto transizionale è ben mostrato nei film della saga “Toy Story, iniziata con il primo capitolo nel 1995, con un quarto film in uscita nel 2019.

In “Toy StoryAndy, il proprietario dei giocattoli protagonisti, fino all’arrivo del nuovissimo e moderno Buzz Lightyear, non si separa mai dal suo amato Woody, compagno di mille avventure e confidente speciale, giocattolo preferito tra tutti a tal punto da non essere mai dimenticato durante le uscite del bambino.

Nel secondo capitolo della saga, “Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa“, quando il bambino smarrisce il suo giocattolo preferito si mostra inconsolabile, preoccupato ed estremamente triste; stati d’animo già mostrati precedentemente, nel momento in cui il cowboy giocattolo viene rovinato.

Dal film “Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa”

In “Toy Story 3 – La Grande Fuga” un Andy ormai diciassettenne deve fare i conti con il passaggio all’età adulta, ma non si sente ancora pronto a separarsi del tutto dagli amati compagni di giochi d’infanzia; al termine del film, dopo aver giocato un ultima volta con loro, Andy consegna i giocattoli a Bonnie, un’altra bambina del vicinato, affinché anche lei, come già Andy da bambino, possa vivere le proprie avventure e divertirsi con i giocattoli.

Tuttavia, abbiamo parlato della necessità dell’atto creativo perché l’oggetto transizionale si configuri come tale: questo è, da quello che sappiamo finora, ciò che accadrà in “Toy Story 4“: Bonnie, nonostante i numerosi giocattoli, sente la necessità di creare un proprio giocattolo, Forky, costruito con semplici materiali di uso comune, che costituirà quello che Woody fu al suo tempo per Andy: un oggetto transizionale.

Forky, dal film “Toy Story 4” (2019)

 

Marco Funaro (illgeppetto)