Cos’è l’alessitimia?
Non riuscire a dare una spiegazione a sensazioni somatiche (mal di stomaco, ipertensione o qualsiasi altra sensazione); non riuscire a dare un nome alle proprie emozioni; non riuscire a volgere l’attenzione ad eventi interni; non riuscire a rendersi conto di avere un problema di questo tipo: è questa la realtà dell’alessitimico. Il problema principale che infatti l’alessitimia impone al soggetto alessitimico risiede proprio nella mancata consapevolezza nei confronti del suddetto problema. Immaginate, ad esempio, di litigare con la vostra fidanzata, o col vostro fidanzato, al contempo immaginate di sentire tutti i nervi del vostro corpo irrigidirsi, il tono della voce che – in modo quasi automatico – si alza, i battiti cardiaci aumentare. Benissimo, il soggetto alessimitico avrà le stesse sensazioni ma, non saprà che quella sensazione che provava in quel momento fosse “rabbia”.
L’attenzione dell’alessitimico è sempre rivolta all’esterno, difficilmente all’interno di sè – così da non poter fare “insight”- di sè e delle proprie emozioni. Infatti la persona alessitimica affronterà spesso argomenti attraverso un tipo di pensiero pratico, vivrà le proprie esperienze prestando attenzione ai dettagli ma senza mai entrare in esse con un atteggiamento di tipo affettivo o emotivo. Il soggetto alessitimico non sa parlare delle proprie emozioni, a volte proprio perchè non sa riconoscerle, esprimerle ed esplorarle. Tant’è che il termine “alessitimia” può essere tradotto da una radice greca dove “a” sta per mancanza, “lèxis” per parola, e “thimos” per emozione.
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Conseguenze dell’alessitimia
Questa “mancanza di parole” per descrivere, parlare o definire i propri stati emotivi – di cui ricordiamo che il soggetto alessitimico molto spesso non è consapevole – può avere diverse conseguenze nel quotidiano dell’individuo. Una delle conseguenze più evidenti è la possibilità del soggetto di avere improvvisi “scoppi” di emozioni intense – come la rabbia – senza che però riesca ad indirizzarne il movente in un particolare evento presente o passato.
Al contempo, un’altra conseguenza è quella di non essere in grado di comunicare emotivamente col proprio partner, non solo quindi di non saper comunicare i propri stati emotivi – e quindi anche i propri problemi, annullando così ogni possibile via di risoluzione – ma anche di non avvertire quando qualcosa non va nell’altra persona, non accorgersi dei suoi malesseri – o meglio – non saperne comprendere le motivazioni più intime ed emotive.
Come afferma anche Giuseppe Maria Pascoletti, infatti, l’alessitimia va ad intaccare proprio quell’elemento prezioso nelle relazioni con l’altro e con se stesso che è l’empatia.
A tal ragione, nel 2012 uno studio pubblicato sul Journal of Family Psychology, e diretto da un team di ricercatori dell’Università del Missouri afferiva che, se un matrimonio è in crisi, la causa potrebbe essere proprio l’alessitimia celata in uno dei due partner. (La Stampa, 2012)
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Ciò nonostante, un soggetto alessitimico potrà facilmente divenire dipendente nei confronti del proprio partner. Secondo le teorie dello stile di attaccamento di Bowlby la motivazione di questa dipendenza risiede in una marcata mancanza di disponibilità affettiva da parte dei genitori o di altra figura di accudimento dell’individuo.
Per la stessa ragione, i soggetti alessitimici possono facilmente cadere nella tela del ragno di diversi tipi di dipendenze, tra cui l’alcool. In questo caso si ipotizza che la motivazione sia proprio la ricerca di emozioni, per persone che per l’appunto, non ne provano molte o vivono con esse un rapporto alquanto confusionario.
La cura
Fondamentale e necessario alla risoluzione dell’alessitimia resta l’incontro con lo psicoterapeuta. Sarà lui infatti a guidare l’utente verso la possibilità di vivere senza essere più così estraneo al mondo delle emozioni. Ricordiamo sempre però che, per potersi rivolgere con atteggiamento davvero produttivo nei confronti di un terapeuta ed una terapia, l’elemento necessario sarà sempre e comunque la consapevolezza del bisogno di tale supporto.
Un piccolo consiglio, che forse non può dirsi propriamente una “cura”, sarà quello di cercare di lasciarsi immergere ed avvolgere dalle proprie emozioni, senza averne paura, né tanto meno, vergogna. Tornare, quindi, ad apprezzare e vivere ciò che ci circonda assaporandolo fin dal nostro nucleo più intimo.
Serena Vitale