L’ultima lezione: leggiamo la storia di un docente scomparso e della sua dottrina

La vita in aula insieme ai suoi studenti, i “libri che non aveva mai scritto”.

Gli occhiali da vista, il passaporto e l’orologio. Il tempo si è fermato in quel appartamento dove l’economista Federico Caffè viveva insieme a suo fratello. Lasció persino le chiavi di casa, segno che una volta varcato il cancello di quel condominio, non sarebbe più tornato indietro. Scopriamo la vita di uno dei volti della facoltà di economia della Sapienza e della sua dottrina che avrebbe potuto, probabilmente, dare vita ad un mondo migliore.

UNA CIVILTÀ POSSIBILE? CAFFÈ NE SAREBBE STATO IL FAUTORE

Un uomo la cui vita passó tra le aule di Economia, affollate di studenti pronti per seguire le sue lezioni. Mario Draghi, tanto per citarne uno, fu uno dei suoi “libri non scritti”, una citazione di Caffè per descrivere i propri ragazzi. Sono gli stessi che il giorno dopo la sua scomparsa, setacciarono Roma alla ricerca del loro docente. Prima di scomparire, riempiva le aule per parlare di una società basata su uno Stato in grado di intervenire nella risoluzione di un problema. Caffè, che viveva in un condomino nascosto fra tanti, osservava i problemi dei cittadini, di quelli che andavano avanti a fatica e che non riuscivano ad arrivare a fine mese. Lo stesso accadde quando chiese ad una dipendente dell’Ateneo, se avesse bisogno di una mano. La disoccupazione è un male da combattere, perché il lavoro, oltre a darci da mangiare, ci fa sentire persone migliori. La dottrina prende la firma di John Maynard Keynes. Approfondí gli studi dell’economista britannico quando studió a Londra, prima di girare l’Italia, tra Bologna e Messina, per poi ritornare a Roma. Ecco un passo di una sua opera:

“Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili.”

E forse, proprio per questo, non volle più far parte di questa società. 

IL DOCENTE SCOMPARSO

La notizia della scomparsa venne data soltanto una settimana dopo. Del docente di economia politica non c’era nessuna traccia. Poche furono le segnalazioni, tra queste un gelataio che ammise di aver visto Caffè fare il clochard in stazione. Non fu lui, l’economista non fumava sigarette e, secondo le considerazioni dei suoi cari e dei suoi studenti, non sarebbe scomparso per andare a fare “quella vita lí”. La depressione che colpì Caffè fu nota a tutti. Parló lui stesso della sua malattia in una lettera. Con la morte della madre, della tata che lo accudì e dell’aggravarsi delle condizioni fisiche del fratello, il pessimismo di Caffè lo condusse, probabilmente, a valutare la più cruda delle ipotesi. La sorella ammise che, se si fosse davvero tolto la vita, lo avrebbe fatto “da solo”. Quando le televisioni annunciarono il suicidio di Primo Levi, gettatosi dalla tromba delle scale, Caffè commentó l’accaduto fissando lo schermo piatto del tubo catodico e sussurrando “Perché davanti a tutti?”. I suoi studenti percorsero il Tevere supponendo che potesse essersi gettato nel fiume, ma l’acqua torbida non restituì nessun corpo.

LE ALTRE IPOTESI

“Il tribunale di Roma ha dichiarato la morte presunta del docente di economia politica della Sapianza”. Sentenziano così i giornali. Il professore è morto e non ci sarà alcun funerale. Il tempo non cura le ferite, perché i suoi “libri non scritti” continuano ad ipotizzare che cosa possa essere successo. È morto da solo come suppone la sorella? È stato aiutato da qualcuno che porterà questo segreto fino alla tomba? Oppure, come dicono alcuni, potrebbe esserci molto di più dietro la scomparsa di Federico Caffè? Infondo, l’allievo Ezio Tarantelli venne assassinato dalle Brigate Rosse, potrebbe essere stato riservato per l’economista abruzzese una sorte simile? Sono alcune delle ipotesi avanzate sulla sparizione del docente che rimane tutt’ora un misero. A non essere mai stato un mistero, fu il suo amore per il sapere e tramandarlo era la sua missione. La sua ultima lezione venne accolta dagli applausi dei presenti, in lacrime, in quella che oggi è l’aula che è stata intitolata proprio a Caffè. 

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