Pakistan, il volto del nuovo primo ministro Imran Khan

Imran Khan, ex capitano della nazionale di cricket, é oggi un influente politico, a capo del movimento per la giustizia del Pakistan. Lo scorso 25 luglio si sono tenute le elezioni generali. Gli esperti testimoniano un’assenza di trasparenza e legittimità ai risultati delle urne, fin dal 1970. Quell’anno il Pakistan si divise dal Bangladesh, e da allora l’esercito ha sempre influenzato il voto nel paese. Il rischio è che ancora oggi non si possa parlare di elezioni libere. 

Imran Khan e il movimento per la giustizia del Pakistan

Imran Khan, oltre ad aver portato la nazionale di cricket sul tetto del mondo nel 1992, è stato rettore dell’università di Bradford e fondatore di un ospedale per la ricerca e la cura del cancro. Si tratta perciò di una figura di spicco in Pakistan, il cui ingresso in politica ha segnato una svolta per il paese. Il suo partito, fondato nel 1996, è di stampo centrista, e lotta per la creazione di uno stato democratico e moderno. È inoltre sostenuto dall’esercito, che è secondo gli esperti l’istituzione che influenza maggiormente il voto in Pakistan.

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Il problema è che un alone di mistero ha accompagnato la campagna elettorale. Ci sono stati diversi episodi di disordine pubblico, in cui addirittura 3 candidati hanno perso la vita. Lo stesso 25 luglio, giorno di apertura dei seggi elettorali, un attentatore suicida ha provocato la morte di decine di persone. Oltre a questi episodi di violenza, a far discutere sono le dichiarazioni dei partiti opposti a Imran Khan. A partire dal partito di governo uscente, la ‘Lega musulmana pakistana’, si registrano accuse di frode e brogli, che rendono discutibile la legittimità dei 119 seggi ottenuti dal nuovo leader politico.

Il voto in Pakistan

Ci sono diversi indizi che fanno pensare ad un’irregolarità messa in campo dal partito dell’ex stella sportiva. Innanzitutto il ‘Pakistan peoples party’ ha lamentato l’esclusione dei propri rappresentanti dal monitoraggio del conteggio. Inoltre un’inusuale lentezza nel computo dei voti, giustificata tramite il malfunzionamento di un nuovo software, ha suscitato forti dubbi generali. È tuttavia sempre l’esercito a rappresentarne lo snodo cruciale.

Dal 2013, con il governo di Nawaz Sharif, i militari avevano perso molti dei loro tradizionali poteri ed erano stati contestati per il loro presunto appoggio ai terroristi islamici. Ora l’ex premier pakistano deve scontare una pena di 10 anni per corruzione, legata allo scandalo ‘Panama Papers’. Il rischio è che l’esercito, sfruttando la propria influenza all’interno della magistratura, abbia fatto pressioni per incarcerare personaggi scomodi che potessero minare la loro autorità a livello nazionale. L’ex premier non è infatti l’unico ad essere stato escluso dalla vita politica tramite contestate sentenze. Il tutto è testimoniato da Siddiqui, giudice dell’Alta corte di Islamabad, che nonostante il timore di subire ripercussioni, ha deciso di esporsi contro l’invasivo ruolo dei militari, denunciando l’evidenza dei fatti.

La testimonianza di Badal Khan Sabir 

Badal Khan Sabir, professore e ricercatore presso l’Universitá Orientale di Napoli, cerca di spiegare il lastricato panorama politico pakistano. Si esprime sul ruolo degli islamisti e sul rischio che possano interferire nelle elezioni. Nonostante rappresentino una minaccia per il paese, la loro sfera di influenza è rilegata alle strade e alle università, dove hanno molto potere, ma afferma che difficilmente potranno condizionare il risultato delle urne.

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Torna poi a parlare dell’esercito ed assicura la sua familiaritá con gli obbiettivi degli estremisti. Le due fazioni sono collegate ed Imran Khan sembra sostenerle entrambe. Il leader del nuovo partito pakistano sostiene di voler combattere la corruzione, ma la realtà è ben diversa. Tutti i componenti del partito non sono volti nuovi della politica, bensì facevano già parte dell’establishment. Molti di loro, inoltre, sono già stati indagati, o addirittura condannati. Inoltre è stato proprio l’esercito a favorire questi cambi di casacca, che con l’intento di scardinare il partito di Sharif, sta facendo confluire verso il movimento per la giustizia del Pakistan tutti i politici più influenti. Secondo il professore ancora una volta la transizione democratica sembra essere ben lontana e l’ondata di innovazione di cui parla Imran Khan nasconde dietro di sè ben altri scopi.