Gli scienziati forensi e i criminologi necessitano di avere a disposizione del materiale genetico per cercare di identificare un sospettato o l’artefice di un delitto nonché una vittima senza ricorrere ai fantascientifici database americani di riconoscimento facciale computerizzato.
La polizia scientifica, spesso sulla scena del delitto, raccoglie delle tracce biologiche (evidences) da cui sarebbe possibile estrarre il DNA della persona interessata.
Ad esempio, sui naselli di un paio d’occhiali da vista è possibile estrarre il DNA da tracce di liquido lacrimale così come da una sigaretta o da una bottiglia distrattamente gettata in un cestino è possibile estrapolare gli acidi nucleici presenti nella saliva.
In relazione a quest’ultimo caso basterebbe in linea teorica isolare la secrezione salivare ed estrarre il DNA con un protocollo laboratoriale che prevede la lisi delle cellule, la separazione per centrifuga degli acidi nucleici e la precipitazione selettiva in solventi organici (e inorganici).
Lavorare con le tracce biologiche: amplificazione del materiale genetico
Il problema principale che la criminologia deve affrontare è lavorare con del materiale genetico esiguo. Per tale motivo spesso si rende necessario aumentare rapidamente la quantità di DNA da analizzare.
Una prima procedura sperimentale è rappresentata dai vettori di clonaggio. Un vettore di clonaggio è una molecola di DNA in cui può essere inserito un frammento polinucleotidico esogeno per formare una molecola di DNA ricombinante per i successivi processi di clonaggio (un esempio sono i plasmidi batterici). Il frammento da amplificare è inserito in una molecola preesistente di DNA batterico e si sfrutta l’apparato biosintetico cellulare al fine di duplicare il materiale genetico di nostro interesse.
La reazione di polimerizzazione a catena è un processo molto più rapido che produce un numero estremamente ampio di copie di una specifica sequenza senza il bisogno di clonare la sequenza in un organismo ospite.
Attraverso cicli di una serie di passaggi che comportano l’uso di Taq polimerasi, il frammento di DNA viene amplificato per milioni di volte. Le sostanze finali sono separate per elettroforesi.
Il DNA fingerprinting
Tra le classiche procedure scientifiche in ambito forense troviamo l’analisi del DNA fingerprinting. Gli scienziati utilizzano tecniche molecolari come la PCR per analizzare variazioni in determinati loci del genoma.
Ciascun locus è un esempio di breve sequenza ripetuta in tandem e l’analisi di molteplici stringhe permette di discriminare tra DNA di individui diversi.
Il DNA fingerprint è utilizzato di routine per identificare criminali o escludere dal sospetto persone innocenti in procedimenti legali.
Il caso O.J. Simpson: il sangue non mente
Il caso del duplice omicidio di Ronald Lyle Goldman e Nicole Brown Simpson portarono il noto giocatore di football americano O.J. Simpson davanti alla corte penale dello Stato della California. Il processo, tenutosi nel 1995, assolse lo sportivo dai pesanti capi di imputazione.
Nonostante tale verdetto le tracce biologiche prelevate dalla scena del delitto (guanti insanguinati e macchie di sangue sparse sui cadaveri) coincidevano perfettamente con il DNA di Simpson. I test non vennero eseguiti soltanto dal laboratorio di criminologia della polizia ma anche da due laboratori indipendenti assunti dalla difesa.
Tuttavia, dopo numerosi giorni di accuse contro i metodi attraverso i quali il materiale genetico fosse stato raccolto e manipolato, la difesa concluse che i campioni erano compromessi ed ormai inutilizzabili da parte della polizia come prova.
L’evidenza portata dai campioni genetici tuttavia resta ancora un mistero, soprattutto in un processo penale così recente e famoso in tutto il mondo.
Roberto Parisi