Il 7 settembre Salvini va in onda live su Facebook per condividere con i suoi elettori (e non) l’arrivo di una lettera inviata dalla Procura di Palermo. Il video ha fatto molto scalpore, dato che il contenuto prevede delle indagini preliminari con accusa di sequestro di persona. La lettera legge:
È mio dovere informarLa, ai sensi dell’art. 6 Legge costituzionale n. 1 del 1989, che quest’ufficio, in data odierna, ha richiesto allo speciale Collegio previsto dall’art. 7 L. Cost. citata, costituito presso il tribunale di Palermo, di procedere ad indagini preliminari nei Suoi confronti in ordine al reato di cui agli artt. 81 e 605, commi 1, 2 n. 2 e 3, cod. pen., commesso in territorio siciliano fino al 25 agosto 2018. Trattasi come noto, del procedimento conseguente alle vicende relative alla privazione della libertà personale in pregiudizio di numerosi migranti, trattenuti sul pattugliatore della Guardia Costiera italiana ‘U. Diciotti’, fino alla data su indicata.
Le reazioni sono state molte, fra chi sostiene l’operato del ministro e chi lo accusa di effettivo sequestro di persona, aggravato dallo stato di salute e dall’età di alcuni dei migranti a bordo. Ma qualsiasi sia lo schieramento politico individuale sulla questione, è interessante notare lo stile retorico di Salvini e come si relaziona al suo elettorato.
A partire dal luogo delle riprese, il ministro immedesima subito lo spettatore in un ambiente amichevole e molto vicino alla sua persona. Sono frequenti le domande che pone al pubblico: “la leggiamo insieme? Chi possiamo salutare? 25.000 persone simultaneamente!” Chiede di aprire la busta insieme, tenendo a condividere l’esperienza col proprio elettorato. Ironizza sull’opposizione, ridicolizzando Gad Lerner, Boldrini, Saviano, Renzi e altri, chiamandoli “i fenomeni del festival di Venezia”. Il pubblico diventa un amico, si interiorizza nella sua esperienza, nella sua quotidianità. Non solo, viene ad essere suo complice: “Io faccio il lavoro che voi mi avete chiesto di fare: difendendo confini, sicurezza, forze dell’ordine, aprendo le porte alle persone per bene, ma chiudendo[le] a chi non scappa dalla guerra”.
Il suo elettorato è integrato nella lotta contro il clandestino, ne è partecipe, ne è orgoglioso, ne vede un leader forte, ma al contempo familiare. Un po’ alla Mario Brega e la sua mano che po esse fero, ma po anche esse piuma: “Sono preoccupato? No. Sono terrorizzato? Men che meno. Non ho tempo da passare con gli avvocati né di Palermo né di Genova. Sono pagato per difendere la vostra e la nostra sicurezza. La lotta alla mafia, alla droga, all’abusivismo, al racket, agli sprechi, alla corruzione, ai trafficanti di essere umani, agli scafisti… E quindi questo farò. Non mi toglie il sonno”. Lo appende al muro e battendosi il petto: “Medaglietta.”
E così è la sua difesa, semplici nei toni, con gesti e verbi ironici: “Pare delle 100 persone che abbia sequestrato, 75 sono sparite. Dopo un’accoglienza a pane, salame, vitto, alloggio, doccia, telefono… Come hanno risposto? [Fischio e gesto con la mano, mimando una ritirata] Spariti! Dopo che li ho sequestrati. Li metti in albergo e scappano? Non si fanno identificare? [Gesto e grugnito di dubbio]”. Mette a terra i suoi pensieri senza voli pindarici. Attacca il nemico senza un dato, una fonte, un richiamo a un qualche scritto, ma con molta familiarità nel creare un gruppo coeso che va oltre la realtà dei fatti e si unisce sotto l’egida della sua ideologia di partito.
Retorica da camino
Tutto ciò ricorda molto le trasmissioni radio del presidente americano F. D. Roosevelt nella serie delle Fireside Chats, le ‘chiacchiere accanto al focolare’. La crisi del ’29 e la lotta al fascismo erano argomenti spinosi negli Stati Uniti, che non trovavano un consenso univoco nell’opinione pubblica. Ma l’allora presidente riuscì a gestire l’elettorato riunendo gli americani sotto il paternalismo della sua figura. Le foto dello show lo rappresentavano seduto alla sua scrivania e il termine “fireside chat” servì a dare un senso di rassicurazione in un’era di forte ansia nazionale. Molti lo ascoltavano con l’impressione che la sua voce entrasse nelle loro case, chiamandoli amici e ringraziandoli per il sostegno e la forza nel sopportare tempi ardui.
E così tira avanti il video di Salvini: rivolgendosi a un elettorato amico e ringraziando i propri sostenitori-conoscenti. Sostenitori che lo hanno votato per fare il lavoro che loro gli hanno chiesto di fare, al contrario dei magistrati che lo accusano. Leggendo fra le righe del suo discorso è palese come vi sia anche la creazione di un nemico in comune. In questo caso l’opposizione, che gli vieta di fare il suo illuminato lavoro e portare avanti la campagna degli ‘Italiani onesti’. Cioè gli intellettuali, i magistrati, coloro che si perdono in inutili tecnicismi, che si riempiono la bocca di politiche ‘radical chic’ e dati, senza affrontare di petto la situazione. Gli italiani per bene hanno le proprie perplessità che un organo dello stato indaghi su un altro organo dello stato, eletto dal popolo. E sono proprio questi Italiani per bene che gli hanno chiesto “di controllare i confini e i porti, di limitare gli sbarchi e le partenze, di espellere i clandestini”.
“Quindi me l’avete chiesto e vi ritengo miei amici, miei sostenitori, miei complici. Altri [indicando la procura sul documento] non sono eletti da nessuno e non rispondono a nessuno … [Nessuno ferma] la Lega, Salvini e la voglia di cambiamento del popolo italiano … [Se vado in galera] venite a trovarmi a S. Vittore con delle arance. Sono una persona per bene, ricordatemi come una persona per bene. Non mollo di un millimetro. Possono sequestrarci i soldi, possono bloccarci i conti correnti, possono indagarci, possono seguirci o possono abbracciarci. [Bacio a schiocco con due mani verso la telecamera] Non si molla di un millimetro. Finché gli italiani mi chiedono di andare avanti, io vado avanti. E se domani dovesse arrivare un’altra nave carica di clandestini, in Italia non sbarcano [mimando un ‘no’ con l’indice]. E guarda caso, dopo il blocco di questa nave, dalla Libia, nelle ultime settimane ne sono arrivate zero.”
Il ‘Paladino degli indignati’
Il video si conclude poi con una verità assoluta. Dopo i vari ringraziamenti e baci vi è un dettaglio che mi ha molto colpito: la considerazione, che lui stesso fa, del fatto che queste manovre giudiziarie gli danno più forza. Ed è vero. Gli si dà adito, forza in views e unione dei suoi elettori contro gli inutili tecnicismi giudiziari che il popolo, e specialmente quello di Salvini, non tollera vedendo la propria vita in Italia messa a repentaglio da un insieme di problematiche che vanno ben oltre l’infantile denuncia. L’elettorato della Lega è composto da una moltitudine di persone che si trovano a essere derise per i loro interessi, scelte e paure dalla classe intellettuale (o da chi crede di appartenervi), incoraggiando la visione di un nemico comune che il loro ‘capitano’ può fronteggiare.
L’entrare nella vita personale dei cittadini come un amico è già stato comprovato come successo di leadership in contesti come l’Unione Sovietica o la Cina Maoista, oltre ad altri paesi in cui il leader politico fungeva anche da ‘padre dei cittadini e della patria’. Salvini non sta facendo altro che promuovere la propria persona come ‘il paladino degli onesti e degli stufi’, riunendo un’intera porzione di popolo sotto la sua egida populista, dandogli una voce in capitolo, ora più forte che mai, contro la derisione per cui è stata vittima negli anni.