Le origini del caffè sono assai remote. Si ipotizza che la bevanda (il cui termine deriva dall’arabo ‘qahwa’, che designava un medicinale liquido usato per rinvigorire ed eccitare), provenga dall’Etiopia, dalla Persia o dallo Yemen.
Il caffè avrebbe avuto una larga diffusione dapprima nelle regioni afro-mediorientali (XV secolo) per poi sbarcare in Europa due secoli più tardi, negli omonimi circoli culturali illuministi. I mistici Sufi usavano farne un largo consumo per rimanere svegli prima delle veglie di preghiera, mentre in Turchia, presso la corte del Sultano, esisteva addirittura un’importante figura, il ‘capo caffettiere’ (Kahvecibaşı). Francis Bacon, nella sua opera Silva ‘Sylva sylvarum’, fornisce una descrizione dei locali turchi in cui si era soliti bere il caffè, paragonandoli alle taverne europee. In Italia la bevanda approdò in primo luogo a Venezia, la città che non a caso intratteneva proficui rapporti commerciali con il Medioriente, per poi diffondersi nelle principali città d’Europa. Nel Settecento ogni centro urbano aveva un caffè, mentre le corti dei nobili erano munite di kaffeehaus, sale preposte al consumo della bevanda. Le proprietà benefiche sono note a tutti: stimolazione digestiva e cardiaca, effetti energizzanti sul sistema nervoso e sull’umore.
Se ci si basa sul percorso evolutivo della specie, l’essere umano ha sviluppato e affinato il palato nel corso del tempo. Il gusto dell’amaro in particolare avrebbe aiutato l’uomo a comprendere quali cibi conterrebbero sostanze nocive alla sua sopravvivenza. Ciò dovrebbe fare del caffè una bevanda evitabile. Eppure, secondo una ricerca scientifica della Northwestern University, più le persone sono sensibili alla caffeina, più bevono caffè.
Quali fattori genetici o biologici possono portare a questo tipo di attrazione da parte dei consumatori?
I ricercatori della suddetta università hanno spiegato che il risultato contro-intuitivo è dovuto proprio alla capacità e alla sensibilità, di alcuni soggetti, di percepire l’amaro e di apprendere, mediante un meccanismo di rinforzo positivo, ad associare stimoli positivi al caffè. La facoltà percettiva più sensibile rispetto alla media sarebbe da rintracciarsi nella predisposizione genetica di alcuni individui, che non si limitano a percepire l’aroma del caffè, ma anche altre tipologie di amaro, per esempio quello associato alla pianta di china, nota per la produzione della rinomata bevanda tipicamente italiana: il chinotto. Gli studiosi di questa ricerca si sono dunque soffermati sulla randomizzazione di Mendel, ricavando risultati dalla correlazione tra i consumatori e le relative peculiarità genetiche.
Quante varianti di caffè esistono al mondo?
Ecco una classificazione delle principali varietà di caffè presenti nel mondo:
Varietà Arabica
La qualità di caffè Arabica è una delle più note e consumate al mondo. E’ anche la specie che è stata utilizzata per prima per fare il caffè. Ha un contenuto minore di caffeina rispetto ad altre specie in commercio.
Questa tipologia di caffè è tipica delle regioni dell’Etiopia, del Sudan, e del Kenya settentrionale, ma è oramai coltivata anche in Arabia, in Brasile etc.
Le piante di Arabica si trovano soprattutto in zone ad alta quota (1000- 2000 metri) e in terreni ricchi di minerali.
Varietà Robusta
La specie del caffè Robusta è comparsa per la prima volta nell’800. E’ una delle più commercializzate poichè facilmente reperibile e coltivabile sotto i 700 metri di quota.
La pianta proviene dall’Africa tropicale ma viene coltivata in molti paesi grazie al basso costo di produzione e manutenzione che quest’ultima richiede.
In questa varietà la quantità di caffeina è maggiore rispetto all’Arabica e, conseguentemente, anche l’aroma risulta più amaro e forte.
Varietà Liberica
La Liberica è un po’ meno diffusa commercialmente ma molto utilizzata per ottenere nuove tipologie di caffè mediante incrocio. Essa prende il nome dall’omonima regione della Liberia, e viene coltivata per la maggior parte in Indonesia e nelle Filippine. Si tratta di un vegetale molto resistente ai parassiti che richiede molta acqua e temperature elevate.
La Liberica sebbene sia qualitativamente inferiore rispetto ad altre varietà, presenta un sapore molto aromatizzato.
Varietà Excelsea
E’ stata scoperta nel 1903 in Africa e la sua qualità è ritenuta elevata grazie alla sua resistenza a malattie e siccità. Gli intenditori hanno definito l’Excelsea una semplice varietà della Liberica, nonostante venga trattata come una tipologia a sé.
Varietà Racemosa
La Racemosa è una varietà di caffè molto rara, originaria del Mozambico, che cresce sulle coste, sulle rive dei fiumi e superfici rocciose. La Racemosa ha un bassissimo contenuto di caffeina lo 0,38% e viene quindi classificata come qualità senza caffeina.
La Racemosa ha un aroma che richiama diversi aromi tra cui la menta, la liquirizia, e il legno. Il suo gusto è inaspettatamente leggero.
Varietà Stenophylla
La Stenophylla è una varietà di caffè quasi scomparsa poiché poco conveniente dal punto di vista commerciale, in quanto occorrono circa 9 anni affinché essa maturi e faccia i frutti, si tratta di cinque anni in più rispetto alla qualità Robusta e due all’Arabica. E’ originaria dell’Africa occidentale e il sapore ricorda quello del tè.
Varietà Mauritiana
Proveniente dalle isole Mauritius viene considerata una delle più promettenti al momento. Il suo gusto è deciso e amaro ma dal profumo estremamente inebriante.
Vi sarebbero altre numerose tipologie di caffè da annoverare, come la Dewevrei dal Congo, la Abeokutoe dalla Costa d’Avorio e la Congencis sempre dal Congo.
Quali sono gli effetti indesiderati?
Com’è risaputo, tutto ciò che viene assunto in dosi eccessive porta a conseguenze negative. Il caffè, bevuto in dosi massicce, può provocare ansia, problemi digestivi, un innalzamento della pressione sanguigna, tachicardia o l’aumento della pressione urinaria.
In ogni caso, cari lettori, non preoccupatevi degli effetti collaterali (preoccupatevene soltanto qualora decideste di bervi una caffettiera!!) e gustate senza pensieri un buon caffè.