Sindaci sfidano il “decreto sicurezza”: rispunta l’opposizione

Un altro caso di “disobbedienza” istituzionale, dopo Mimmo Lucano è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ad entrare in conflitto con le decisioni del governo. In Sicilia si è verificato quello che è successo a Riace, l’unica differenza riguarda le modalità con cui le due cariche istituzionali hanno manifestato il loro dissenso: se Lucano aveva trovato degli espedienti per aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali, Orlando ha dichiarato che a Palermo non attuerà quello che definisce un decreto “criminogeno”, il decreto sicurezza voluto da Salvini. A sostegno del sindaco palermitano si sono schierati anche i primi cittadini di Firenze, Napoli, Reggio Calabria e Parma affermando che non applicheranno le norme del decreto che reputano anti-costituzionali 

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È scontro tra le istituzioni: il ministro Salvini contro il sindaco di Palermo Orlando. Fonte: Ansa.it

Le origini della protesta

È la mattina del 2 gennaio 2019 quando il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando del PD, decide che il “decreto sicurezza” non sarà applicato nella sua totalità. In particolare non saranno applicate nel territorio del capoluogo siciliano le norme che impediscono ai richiedenti asilo di avere accesso all’anagrafe, alle ASL o ai centri per l’impiego. Come si legge sull’articolo di LiveSicilia.it,Orlando ha chiesto ai suoi collaboratori di controllare la costituzionalità di alcune norme poiché le stesse sono state molto contestate, pur senza una concreta opposizione, prima di venire approvate il 3 dicembre scorso.
Secondo il ragionamento del sindaco Orlando quelle norme vanno in conflitto con quanto dettato dalla Costituzione italiana in quanto l’accesso a tali diritti deve essere garantito anche per gli stranieri.

Per far fronte a tale incongruenza normativa Orlando ha inviato una nota all’ufficio anagrafe di Palermo disponendo di non attuare le norme del decreto riguardanti l’impossibilità di avere una residenza.
Queste sono le parole del sindaco in conferenza stampa:  “E’ disumano perché eliminando la protezione umanitaria trasforma il legale in illegale ed è criminogeno perché siamo in presenza di una violazione dei diritti umani e mi riferisco soprattutto ai minori che al compimento del 18/mo anno non potranno stare più sul territorio nazionale”

Le reazioni di maggioranza ed opposizione

Matteo Salvini reagisce prontamente alla decisione di Orlando e dei sindaci che lo hanno appoggiato affermando che: “ne risponderanno personalmente, legalmente, civilmente, perché è una legge dello Stato che mette ordine e mette regole. Sono curioso di capire se rinunceranno anche ai poteri straordinari previsti dal decreto che tanti sindaci hanno apprezzato”.

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reazione di Salvini alla decisione di Orlando

Pur non essendo ancora una legge dello Stato (è stato approvato il decreto che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni) il decreto sicurezza ha prodotto un nuovo dibattito istituzionale che vede scontrarsi la maggioranza (Lega e M5S) contro i sindaci del PD (ma non solo) che vedono nel decreto l’ombra del’incostituzionalità.
Così come Orlando anche Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, prende posizione contro il decreto sostenendo la linea dell’anticostituzionalità e ricordando che già in passato aveva disatteso delle norme “fallaci” del governo: “già anni fa quando con una legge ordinaria ci volevano far chiudere le scuole e non assumere le maestre, nella vicenda del piccolo Ruben, figlio di due donne, a cui non volevano concedere la registrazione all’anagrafe e in relazione agli esiti del referendum sull’acqua pubblica”.
Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, commenta così la vicenda: “Come Comune ci prenderemo l’impegno di non lasciare nessuno in mezzo alla strada, anche se questo comporterà per noi un sacrificio in termini di risorse economiche. Non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario. Riteniamo che molti di questi migranti siano persone animate da buonissime intenzioni, che vogliono fare qualcosa di positivo per questo paese e che magari potrebbero essere integrate in modo corretto”

Altri sindaci, insieme all’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) hanno manifestato la volontà e la necessità di un confronto tra amministrazioni locali e governo per apportare modifiche al “decreto sicurezza” prima che provochi ulteriori accesi dibattiti e dissensi istituzionali.

Il problematico “Decreto Sicurezza”

Dopo la luce verde del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 3 dicembre 2018 il decreto sicurezza è entrato in vigore con il seguente testo: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa.”

Il punto controverso su cui dibattono sindaci e governo riguarda l’articolo 13 del decreto; nel testo pubblicato si legge quanto segue: “Il permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento” ma “non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”.
Con questo articolo tutti gli stranieri, i quali hanno un permesso di soggiorno, non potranno avere diritto alla residenza, accedere al Servizio sanitario nazionale, né a centri per l’impiego in quanto il permesso di soggiorno fungerà da semplice carta d’identità.

Con la protesta di Orlando, mirata proprio a contestare tale articolo, poiché l’anagrafe è di competenza del comune, la sfida si sposta dal piano politico a quello costituzionale; i sindaci che hanno appoggiato la decisione del primo cittadino di Palermo sostengono allo stesso modo che l’applicazione di queste norme andrebbe a collidere con quanto garantito dalla Costituzione poichè colpisce anche gli stranieri regolari che hanno un permesso di soggiorno.

Cos’è un decreto legge?

Il decreto in questione è stato approvato dal Consiglio dei Ministri prima e dal Presidente della Repubblica poi. Entrando in vigore per motivi urgenti di sicurezza o di pericoli eccezionali, il decreto deve contenere degli obiettivi specifici e deve essere attuabile fin dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (il decreto sicurezza è entrato in vigore il 3 dicembre 2018). Inoltre sarà valido fino a 60 giorni dall’entrata in vigore, successivamente, se non viene convertito in legge, o il parlamento provvede a “salvarlo” attraverso una sanatoria, oppure perderà di validità sia il decreto che tutte le azioni compiute nei precedenti 60 giorni di attuazione.

Nel caso del decreto sicurezza è logico pensare che prima della data di scadenza del provvedimento vi saranno apportate delle modifiche che lo renderanno meno “criticabile” dalle opposizioni e quindi più applicabile. Ma al momento la critica delle opposizioni (in particolare dei sindaci del Partito Democratico che sembrano essere intenzionati ad andare fino in fondo) potrebbe portare ad una precoce rivisitazione del provvedimento.

Il ruolo della Corte Costituzionale

Per stabilire l’incostituzionalità di un provvedimento o di una norma del governo, qualunque essa sia, si ricorre ad un organo di garanzia che ha il compito, in questo caso specifico, di risolvere i conflitti di attribuzione dei potere tra le varie istituzioni del paese: quest’organo è la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana.

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Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale a Roma. Fonte: Wikipedia.it

Se il sindaco Orlando, o qualsiasi altra carica istituzionale che non seguirà le disposizioni del decreto sicurezza, sarà denunciato per abuso d’ufficio (è questo il reato che potrebbe infatti essere contestato), il giudice (che può essere di qualsiasi grado) rimanderà il giudizio alla Corte Costituzionale. Così la decisione sull’incostituzionalità delle norme passerà all’organo più in alto in grado che potrà decidere di annullare il decreto a garanzia delle norme della Costituzione, oppure di dichiarare legittimo il provvedimento che in quel caso sarà probabilmente convertito in legge a tutti gli effetti.
Intanto, i giudici della Corte Suprema saranno riuniti al palazzo della Consulta il 9 gennaio per decidere in merito al ricorso presentato dal PD sui tempi di approvazione della manovra.

Gian Marco Renzetti

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