Il neo eletto sindaco di Catania inizia il suo mandato con un’ordinanza shock: multe fino a 300€ per i nullatenenti pizzicati a dormire in strada. Una sentenza incredibile, vuoi per la sua assurdità, vuoi per la palesata ignoranza circa le condizioni e le cause di questo discusso fenomeno sociale. E’ giusto promuovere questo tipo di provvedimento senza le giuste conoscenze del fenomeno anomia?
Un’ordinanza paradossale
Quando la notizia ha cominciato a circolare, sia tra le bocche dei tanti abitanti di Catania, sia sul web, in pochi hanno creduto alla veridicità dei fatti prima di accertarsene personalmente. Purtroppo, controllare le fonti è stato per tutti nient’altro che l’ufficializzazione di una barzelletta: Pogliese, il neo eletto sindaco di Catania, insieme alla sua giunta, ha promulgato un’ordinanza nella quale è prevista la sanzione fino a 300€ per i senzatetto, ma più in generale per qualsiasi persona venga sorpresa a dormire in strada coperto da scatole raffazzonate e coperte. Un paradosso bello e buono. Un’ordinanza che rischia (e anzi, ha già iniziato) di generare più domande che effettive soluzioni. Chiunque, nel territorio siciliano ma non solo, ha iniziato infatti a porsi una miriade di domande, perlopiù goliardiche, tra cui: “Dove gli arriveranno le multe?” e ancora “Potranno pagarle a rate?”. Domande legittime, se si pensa alla stramberia del mandato. Eppure, è tutto vero.
Tuttavia, ciò che appare sconcertante non è solo l’assurdità della richiesta di denaro a persone che, per definizione, non hanno nulla da dare, ma è anche la crescente ignoranza nei confronti di questo stesso fenomeno che nelle ultime ore è emersa prepotentemente dai commenti della gente. E’ bene dunque fare chiarezza, a cominciare da una delle cause prime del vagabondismo stesso: l’anomia.
L’anomia di Durkheim, il padre della sociologia
Émile Durkheim è un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni. Uno dei sociologi (e prima ancora, scienziato) più influenti della storia, considerato da molti, insieme ad Auguste Comte, il padre della disciplina. Tra le innumerevoli teorie e definizioni messe a punto da Durkheim, ve ne è una che in particolare ci aiuta a capire più in profondità la questione vagabondismo, spunto che fungerà da punto di partenza per sociologi a lui postumi per definirne con chiarezza tutti i dettagli. Ma procediamo per ordine.
Il termine anomia (dal greco “a-, nomos”, senza norme) è da sempre, nella storia dell’uomo, associato al rifiuto delle leggi e della società.
Tuttavia, il sociologo francese ha tentato di dare una spiegazione proprio a partire da quest’ultimo aspetto, la società in cui l’individuo vive e agisce. Anzitutto, Durkheim nota come, in epoca moderna, la coscienza collettiva (quel corpus di idee condivise dai membri di un gruppo e comprensibili unicamente dal gruppo stesso, non singolarmente ma come insieme) stia vivendo un lento declino e che sia meno in grado di far presa sugli individui rispetto al passato. Nonostante questo cambiamento porti con sé innumerevoli vantaggi, tra cui il fondamentale passaggio alla solidarietà organica, fine evolutivo ultimo della società e basata su una sostanziale divisione del lavoro e l‘abbandono di idee preconcette legate, appunto, ad una forte coscienza collettiva, la perdita di efficacia di quest’ultima mostra anche qualche pecca. Pecca peraltro che, per Durkheim, avrebbe un valore fondamentale: proprio l’anomia descritta sopra.
Essendo un effetto collaterale dell’indebolimento delle idee collettive, l’anomia, secondo Durkheim, si presenta come la sensazione di smarrimento da parte degli individui, che proverebbero un vero e proprio sentimento contrastante legato alle aspettative della società nei suoi confronti. Tali aspettative, legate alla mancanza di ormeggi stabili e sicuri individuabili proprio nella coscienza di gruppo, lascia molto spesso gli individui alla deriva, che in molti casi sono così motivati a prendere decisioni drastiche come, appunto, il vagabondaggio o il suicidio.
L’analisi di Merton
In ultima istanza, è bene tenere in considerazione anche l’ultimo grande studioso in merito, successivo agli scritti di Durkheim e che da questo ha preso le mosse per descrivere la sua idea di anomia. Parliamo ovviamente di Robert Merton, studioso americano di stampo struttural-funzionalista, famoso proprio per aver rivisto la celebre teoria del sociologo francese.
Ed è anche questa, molto probabilmente, la teoria più completa esistente circa questo particolare fenomeno. Secondo Merton, l’anomia non è nient’altro che la sconnessione, la rottura, tra la cultura dell’individuo e la struttura sociale in cui egli è cresciuto. E’ bene spiegare le definizione che il sociologo dà di questi due termini: per cultura, si intende l’insieme di valori condivisi da una società e interiorizzati dagli individui, mentre per struttura sociale Merton sottintende l’insieme delle relazioni sociali tra i membri del gruppo sociale, prendendo in considerazione tutte le sfaccettature e caratteristiche peculiari di ciascuna di esse.
Ancora una volta, non c’è niente di meglio di un esempio pratico per spiegare al meglio questo complicato concetto (che complicato, più di tanto, non è).
Merton prende in esame la società americana. Negli USA, la struttura sociale pone un unico e indistinto obiettivo a tutti i cittadini: il successo economico, unica vera meta degna di essere raggiunta. Contemporaneamente, la cultura americana è fortemente giustizialista (basti pensare alla pena di morte legale in molti stati, alla vendita di armi, ecc.) e, come ogni società civile, ripudia qualsivoglia forma di crimine e violenza, considerando questi come veri e propri attentati alla società. Proprio qui, secondo Merton, avviene la rottura.
Ovviamente, non tutti i cittadini hanno la stessa possibilità di raggiungere il successo economico tanto sognato, o meglio, non tutti ci riescono senza dover fare i conti con i valori trasmessi dalla cultura.
E’ così che si sviluppa la criminalità (raggiungere il sogno, la ricchezza, ripudiando i mezzi riconosciuti come giusti), il vagabondaggio (abbandono di obietti e mezzi con cui raggiungerli, ivi incluse le convenzioni sociali) e l’alienazione (perdurare delle norme culturali, abbandonando l’idea di raggiungere qualsivoglia obiettivo.
Questo, dunque, è un quadro più completo possibile circa il problema anomia e vagabondaggio. Come è facile notare, tra le soluzioni è anche solo difficile ipotizzare la presenza di multe o sanzioni di ogni genere. Eppure, come molti fanno notare, esso è un reato in moltissimi paesi, anche occidentali.