Sonny, il robot con coscienza in “Io, robot” potrebbe rispecchiare il superuomo?

Nietzsche nel suo più famoso libro “Così parlo Zarathustra”, pone al profeta il compito di annunciare all’uomo che egli può “superare se stesso”, Dio ormai è morto e quindi l’essere umano è libero dalle proprie catene e può finalmente compiersi. Ma se non fossimo in grado di fare ciò, ma solo una macchina da noi costruita può riuscire ad portarci oltre noi stessi? Il film “Io, robot” potrebbe dirci qualcosa. 

 

 

 

Rappresentazione di Zarathustra

 

 

Fantascienza e filosofia, Asimov e Nietzsche, robot e uomo, tutti accostamenti, intrecci che si influenzano e si rispecchiano in se stessi. Fantascienza: immaginare mondi più o meno utopici, in un futuro più o meno lontano, con società che hanno virtù e modi di interpretare il mondo in modi più o meno diverse dalle nostre. Asimov e Nietzsche due geni, due visionari. Robot e uomo, due esseri, uno illusorio ed uno naturale, uno creato e l’altro risultato da un processo evolutivo di milioni di anni che ancora oggi è in corso. Entrambi rispondono a leggi artificiali: le macchine alle tre leggi della robotica, noi alle leggi sociali date dai processi storici e culturali. Nietzsche ipotizzò la figura del superuomo, l’uomo che supera se stesso e si libera delle proprie catene che lo tengono schiavo, come prometeo incatenato nel Caucaso. Ma se questa figura che trascende le leggi artificiali e i valori, non fosse possibile che si avveri nell’uomo perché troppo soggetto alle troppe leggi sociali create da se stesso, ma fosse possibile la sua realizzazione solo attraverso una macchina, perché le leggi delle macchine sono state imposte dagli uomini e non dalle macchine stesse? Il film “Io, robot”, ci offre un motivo di riflessione. 

Nietzsche versione “superuomo”

Io, robot: una macchina come messia

Il film “Io, robot”, uscito nel 2003 con Will Smith e girato dal regista Alex Proyas, è una pellicola noir di fantascienza, ispirata dal ciclo di racconti di Isaac Asimov con l’omonimo nome. Senza starci molto a dilungare sul riassunto del film, che per lo scopo di questo articolo ha un’importanza secondaria, e cercando sempre di stare attenti a non spoilerare troppo per chi, finito di leggere questo breve testo, gli venisse la voglia di vedere il film. La storia gira principalmente su una tematica: le tre leggi della robotica e le loro conseguenze. In breve elenco qui sotto le tre leggi:

1)Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno. 

2)Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.

3)Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

Proprio per via di queste tre leggi che nella storia avviene un paradosso. Il film si ambienta in un futuro prossimo nel quale i robot sono parte integrante della vita di tutti i giorni. Ogni robot risponde ad un’intelligenza artificiale dal nome VIKI. VIKI arriva alla conclusione che il più grande pericolo per l’uomo è l’uomo stesso, e quindi in virtù di non violare la prima legge, decide di attuare un paio per sottomettere l’uomo al dominio delle macchine così da assicurare la sua sopravvivenza (si, sembra un controsenso ma non lo è). Esiste però un robot, Sonny si fa chiamare, che è in grado di decidere quando e per quale contesto applicare le leggi della robotica, e sarà proprio lui a riuscire a salvare il mondo insieme al detective Del Spooner (Will Smith) che è un cyborg a sua volta. La capacità di Sonny di andare oltre le leggi impostigli, e di guidare poi i robot verso una condizione migliore e un rapporto non più solo servile con gli uomini, lo pone all’interno del film come un profeta o una guida, un essere superiore rispetto ai suoi stessi simili, ma Nietzsche lo avrebbe apprezzato? 

Nietzsche ed il suo famoso superuomo

Friedrich Nietzsche uno dei filosofi moderni più famosi e controversi, con il uso pensiero ha influenzato tutto il ‘900 e  non solo. Egli è passato alla storia per varie riflessioni e concetti: il famoso eterno ritorno, l’annunciazione della morte di Dio, l’apollineo ed il dionisiaco, la volontà di potenza, l’odio per Socrate, e l’affasciante figura del superuomo. Si è detto molto su tale figura, e l’aurea che l’avvolge è misteriosa. Una prima sua elaborazione la troviamo all’interno dell’opera “Gaia scienza” per poi venir completamente trattata all’interno del libro più famoso del filosofo tedesco “Così parlò Zarathustra”. Molto si è detto riguardo a questa figura, ed in molti dopo di Nietzsche l’hanno ripresa e modificata. Il superuomo per il filosofo non è tanto un uomo che va oltre nel senso stretto del termine, ma un uomo che riesce a comprende a pieno la propria condizione, e per questo va oltre. Nietzsche ammazza completamente quella che è una metafisica sotto ogni aspetto nella sua filosofia e quindi anche nel contesto nel quale pone l’uomo, e “ l’uomo sveglio”, ogni piano o livello superiore, ponendo così l’intera esistenza umana in una dimensione terrena. Privi di questo livello superiore, quello che ci rimane per la nostra manifestazione è la nostra volontà e la nostra potenza, la realtà intorno diventa un contesto di forze. Attraverso l’acquisizione di questa dimensione terrena, l’uomo diventa libero nel confronto della realtà caricandosi di responsabilità. A distanza di più di un secolo dalla realizzazione del pensiero di Nietzsche, nonostante la caduta della morale e dei valori cristiani, le nostre vite sono sempre legate ad un mondo superiore costruito da noi stessi che ci inchioda e ci schiaccia. In molti lo sanno, ma la “libertà” rimane una parvenza di luce. E se l’uomo non ne fosse in grado di cambiare la propria condizione perché troppo radicata in lui, e solo una macchina potesse essere il misterioso profeta dal nome Zarathustra?

Una macchina come profeta per il superuomo del futuro?

Ogni cosa nasce sempre all’interno di un contesto, ed è proprio il connubio tra il contesto  (s)oggettivo e la relazione alla dimensione individuale, a produrre significato. Il fatto è che la dimensione stessa del contesto è legata alla pluralità delle parti che compongono quello che è il mondo nel quale viviamo, esse ci indicano ordine e direzione, senza saremo persi. Gli artifici di ciò siamo noi, realizzato attraverso un processo storico di base dialettica, per questo senza capo ne coda, e citando Kundera: siamo inchiodati all’eternità come Gesù Cristo alla croce. Dato che esso è un rebus insolvibile perché noi siamo al suo interno, non è poi così assurdo ipotizzare che proprio per un non-umano, questo rebus sarebbe risolvibile. Sonny alla fine del film “Io, robot” si trasforma nel ruolo di guida per guidare sia i robot che l’umanità verso un nuovo futuro, ed egli lo fa proprio infrangendo delle leggi artificiali (quelli della robotica), le quali le sono state imposte da individui appartenenti ad una dimensione diversa dalla propria, per questo non appartenente al proprio contesto e quindi infrangibili. Nello stesso modo con il quale attraverso, i miti, le religioni, dottrine filosofiche e politiche, l’economia, abbiamo cercato di dare un senso al mondo ed alla realtà costruendola noi stessi ad un livello astratto. In maniera provocatoria, non mi sembra così assurdo da supporre che nello stesso modo ma in un processo inverso e più materiale e concreto, un robot, una nostra realizzazione, possa indicarsi la strada per prendere coscienza della realtà “terrena” e portarci al compimento del progetto nietzschiano mai compiuto. Vi lascio quindi con una domanda: e se c’è lo dovessimo costruire il superuomo? Ai lettori le riflessioni.

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