“Ten Days in a Mad-House” svela segreti e mostruosità nascoste dietro la parola “cura”

Storia di una giornalista sotto copertura che denunciò l’inferno degli ospedali psichiatrici di fine Ottocento.

In un’epoca in cui superstizione e ignoranza hanno la meglio sulla ragione, Nellie Bly si fa strada tra i lugubri corridoi di un manicomio alla ricerca della verità.

Diritti e possibilità

Molto probabilmente se un uomo di fine Ottocento vedesse il mondo di oggi penserebbe che siamo tutti da rinchiudere. Del resto, abbiamo libertà che uomini e donne di altre epoche ci invidierebbero o che semplicemente non capirebbero. Camminiamo ogni giorno pensando che tutto ciò che vediamo sia scontato oppure non ci pensiamo affatto. Camminiamo e basta, senza capire in fondo quanto siamo privilegiati, senza davvero comprendere fino a che punto i nostri diritti rendano i nostri cammini gradevoli. Forse ci sarebbe pure qualcuno che dopo un lungo viaggio da un’epoca lontana noterebbe i progressi che sono stati fatti e forse qualcun altro penserebbe che queste conquiste sono in parte dovute al lavoro da loro svolto qualche secolo addietro. Nellie Bly è certamente una di loro. Dall’animo indomito e dalla mente brillante, la Bly con le sue inchieste sotto copertura denunciò e implicitamente migliorò le condizioni di migliaia di donne credute pazze e rifiutate dalla società.

Silenziosamente investigare

Dopo la morte del padre e il secondo matrimonio fallimentare della madre, Elizabeth Jane Cochran abbandonò gli studi e si diresse a Pittsburgh per cercare un impiego come insegnante. La sua risposta a un articolo intitolato “What Girls Are Good For” colpì il direttore della testata giornalistica il quale decise di assumerla, dandole lo pseudonimo che la rese famosa. Da quel giorno in poi Elizabeth Jane Cochran diventò, quindi, Nellie Bly. Rifiutata dai sindacalisti prima e dai politici messicani dopo, la Bly riuscì ad ottenere un nuovo impiego presso il New York World, proponendo un’inchiesta sulla condizione delle internate al New York City Mental Health Hospital della Roosvelt Island.

Denuncia scritta

Il piano della Bly è semplice: andare in una casa per donne sole, fingersi pazza e farsi rinchiudere proprio nell’istituto sopra citato. Ciò a cui assistette all’interno di quelle quattro mura la lasciò senza parole…si fa per dire, ovviamente! Non solo un bassissimo livello di pulizia, ma anche scarse razioni di cibo e soprattutto la presenza di donne mentalmente sane che, però, vennero definite “positively demented”, come la stessa Nellie Bly del resto. “Una trappola per topi”, dunque. Nonostante lei stessa scrisse che “è facile entrare, ma una volta lì, è impossibile uscire”, il New York World andò a liberarla dopo dieci giorni. Da qui, una serie di articoli che verranno poi raccolti nel libro “Ten Days in a Mad-House”. Con quest’inchiesta Nellie Bly non si è solo guadagnata un posto nel paradiso dei giornalisti, ma ha anche migliorato la vita di altre migliaia di donne che nel corso dei cento anni successivi continueranno a varcare la soglia di questi centri di “cura”.

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