Uno studio rivela che la galassia NGC1052-DF2 contiene materia oscura, gli astrofisici rielaborano i dati

Cos’è la materia oscura e perché la galassia NGC1052-DF2 ha sbalordito gli astrofisici nel 2018? Un errore di valutazione oppure abbiamo osservato per la prima volta qualcosa di unico? Uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society sostiene di aver risolto il mistero.

Nel marzo del 2018 venne annunciata la scoperta di una galassia, NGC 1052-DF2, che sembrava priva di materia oscura. Uno studio pubblicato in questo mese su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, condotto da un gruppo di astronomi dell’Istituto di astrofisica delle Canarie rielabora i dati e fornisce una risposta.

La relatività ci mostra perché un fenomeno che avviene ad una distanza di milioni di anni luce dalla Terra possa riguardare la comprensione che oggi abbiamo del mondo, nonché il futuro del progresso scientifico.

I sistemi di riferimento e relatività galileiana

In fisica un sistema di riferimento è un sistema rispetto al quale viene osservato e misurato un certo fenomeno fisico, un oggetto fisico oppure vengono compiute determinate misurazioni. La nozione nasce con la descrizione del moto dei corpi e con la constatazione che il moto è sempre relativo ad un sistema di coordinate rispetto al quale lo osserviamo. Il concetto di sistema di riferimento rappresenta l’idea intuitiva di osservare qualcosa da un determinato punto di vista. Ad esempio se il nostro sistema di riferimento è posto sulla Terra, tutte le indagini fisiche e le misure dagli esperimenti che si possono effettuare portano alla conclusione che apparentemente il Sole ruota attorno alla Terra, mentre se il nostro sistema di riferimento è posto sul sole,  apparirà che è la Terra a ruotare attorno al Sole.

Il principio di relatività galileiana afferma che le leggi della fisica classica rimangono uguali se formulate per descrivere un fenomeno che viene osservato da due osservatori (sistemi di riferimento) posti in punti dello spazio differenti, purché questi si muovano l’uno rispetto all’altro con una velocità costante e diretta lungo una certa direzione. In parole povere “La fisica rimane uguale in tutti i sistemi che si muovono a velocità costante o che sono fermi l’uno rispetto all’altro” (essere fermi significa muoversi a velocità costante ma nulla). Uno dei risultati più significativi del principio di relatività galileiana stabilisce che ‘nessun esperimento può consentire di distinguere un sistema di riferimento in moto lungo una direzione a velocità costante, da un altro sistema di riferimento che è fermo.

Galileo descrisse per primo questo principio nel 1632 nel suo ‘Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo‘  utilizzando l’esempio di una nave in viaggio a velocità costante, senza scosse, su un mare perfettamente calmo: qualunque osservatore che faccia esperimenti sotto coperta non riesce a determinare se la nave sia in moto o ferma. Nella seconda giornata del libro ‘il personaggio di Filippo Salviati‘ afferma testualmente:

Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma.”

Galilei fa l’esempio di qualcuno che effettui diverse osservazioni nella stiva di una grande nave in movimento e veda che queste non differiscono da quelle che ha precedentemente effettuato sulla terraferma.

Ogni moto può venire descritto soltanto rispetto a un osservatore, il quale si ritiene fermo in quanto è solidale con il sistema di riferimento che utilizza per le sue misure. Il che porta a dire che ogni osservatore, chiuso all’interno del proprio sistema di riferimento, non può sapere se è in moto o è fermo. In pratica un sistema di riferimento in moto costante è regolato dalla stessa fisica che regola un sistema in quiete.

La relatività ristretta

Verso la fine del 1800 Ernst Mach e diversi altri, fra cui Hendrik Lorentz e Hermann Minkowski si scontrarono con i limiti della relatività galileiana, che non era utilizzabile per i fenomeni elettromagnetici. In particolare le leggi dell’elettricità e del magnetismo sembravano dipendere dal sistema di riferimento utilizzato, violando il principio di relatività di Galileo. Finalmente nel 1905 Albert Einstein sviluppa la teoria della relatività ristretta. Questa è una riformulazione ed estensione delle leggi della meccanica. In particolare essa rimane valida nella descrizione di fenomeni che avvengono in condizioni ‘critiche‘ come eventi che avvengono ad altissime energie e a velocità altissime, prossime a quelle della luce (circa 300.000 Km al secondo). Per rendersi conto di quanto grande sia il valore della velocità della luce, si pensi che partendo dalla Terra, per arrivare sulla Luna un raggio di luce impiega circa 1 secondo, mentre un raggio di luce che parte dal sole impiega circa 7 minuti per raggiungere la Terra.

La relatività ristretta si basa su due postulati:

  • le leggi della meccanica, dell’elettromagnetismo e dell’ottica sono le stesse per tutti gli osservatori in moto relativo tra loro a velocità costante lungo una direzione;
  • la luce si propaga nel vuoto a velocità costante c=300.000 Km/s indipendentemente dallo stato di moto della sorgente o dell’osservatore.

Il primo, chiamato anche ‘principio di relatività speciale‘, afferma nuovamente ed estende il principio di relatività di Galileo, mentre il secondo può derivarsi dal primo ed elimina la necessità dell’etere luminifero (l’ipotetico mezzo materiale attraverso il quale, fino al XIX secolo, si pensava si propagasse la luce).

Dai due postulati discende che nell’universo descritto dalla relatività speciale le misure di intervalli temporali e di lunghezze spaziali effettuate da osservatori in moto a velocità costante e lungo una direzione fissa non corrispondono necessariamente fra loro, dando luogo a fenomeni come la dilatazione del tempo e la contrazione delle lughezze, che sono espressione dell’unione dello spazio tridimensionale e del tempo in una unica entità quadridimensionale nella quale si svolgono gli eventi, chiamata spazio-tempo e inscindibile nelle sue due componenti.

Lo stesso Hermann Minkowski, che contribuì alla formulazione matematica della relatività ristretta afferma: “Le concezioni di spazio e di tempo che desidero esporvi sono sorte dal terreno della fisica sperimentale, e in ciò sta la loro forza. Esse sono fondamentali. D’ora in poi lo spazio di per sé stesso o il tempo di per sé stesso sono condannati a svanire in pure ombre, e solo una specie di unione tra i due concetti conserverà una realtà indipendente.

Dai postulati della relatività si ricava anche che l’energia di un corpo include un termine additivo, un’energia intrinseca, indipendente dalla velocità del corpo e proporzionale alla sua massa, dato dalla nota formula E=mc², dove E è l’energia del corpo, m la sua massa e la velocità della luce moltiplicata per sé stessa.

La riscrittura delle leggi della meccanica operata dalla relatività ristretta portò a una radicale svolta nella comprensione del mondo fisico, nonché filosofica, e a una grande fama del suo autore anche al di fuori del contesto scientifico, mentre la relazione E=mc² è divenuta la più famosa equazione in assoluto, entrando a far parte della cultura in generale.

Grazie alla relatività speciale si è compreso che l’etere non esiste, che la velocità della luce è costante da ogni punto di vista dal quale si osserva un raggio di luce, che il tempo non è assoluto, anzi, più ci si avvicina alla velocità della luce più questo rallenta se giudicato da un osservatore esterno e che inoltre le lunghezze si contraggono avvicinandosi alla velocità della luce. Questa nuova teoria è però a sua volta in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton e negli anni successivi Einstein cerca di modificare la teoria della gravitazione in modo da risolvere tale incompatibilità.

La relatività generale

Nel 1916 Einstein pubblica la teoria della relatività generale, che è l’attuale teoria fisica della gravitazione. Essa descrive la gravità non più come azione a distanza fra corpi massivi, come nella teroria di Newton, ma come effetto di una legge fisica che lega la geometria (più specificamente la curvatura) dello spazio-tempo con la presenza di massa ed energia all’interno di esso. Secondo la relatività generale i pianeti orbitano perché la presenza di massa o energia nello spazio-tempo ne deforma la sua struttura.

Curvatura dello spazio-tempo dovuta alla presenza di massa al suo interno- (https://www.esa.int/spaceinimages/Images/2015/09/Spacetime_curvature)

La relatività generale è alla base dei moderni modelli cosmologici della struttura a grande scala dell’universo e della sua evoluzione. Come disse lo stesso Einstein, fu il lavoro più difficile della sua carriera a causa delle difficoltà matematiche che comportava l’esposizione della teoria. Egli trovò il linguaggio e gli strumenti matematici necessari nei lavori di geometria differenziale di Luigi Bianchi, Gregorio Ricci-Curbastro e Tullio Levi-Civita, che avevano approfondito nei decenni precedenti i concetti matematici che interessavano Einstein, introdotti da Carl Friedrich Gauss e Bernhard Riemann.

Nel 1919 Arthur Eddington organizza una spedizione in occasione di un’eclissi solare  all’isola di Príncipe che verifica una delle conseguenze della teoria, la flessione dei raggi luminosi di una stella in presenza del forte campo gravitazionale del sole. Negli anni successivi Einstein si interessa alle implicazioni cosmologiche della relatività generale.

Negativo della lastra di Arthur Eddington raffigurante l’eclissi solare del 1919, utilizzata per mettere alla prova la previsione di deviazione gravitazionale della luce.-(https://it.wikipedia.org/wiki/File:1919_eclipse_negative.jpg)

Le implicazioni della teoria vengono quindi studiate intensamente a partire dagli anni 60. Nel 1967 John Wheeler conia il termine buco nero (oggetto che possiede una massa così elevata da distorcere estremamante lo spazio-tempo). Una parte rilevante degli studi di fisica teorica degli ultimi decenni è dedicata a conciliare la relatività generale con la meccanica quantistica. Nel 2016 sono state osservate per la prima volta le onde gravitazionali, una delle previsioni più significative della teoria.

Onde gravitazionali – https://news.mit.edu/2016/ligo-first-detection-gravitational-waves-0211

La materia oscura

Con materia oscura si definisce un’ipotetica componente di materia che, diversamente dalla materia conosciuta, non emetterebbe luce e sarebbe attualmente rilevabile solo in modo indiretto attraverso i suoi effetti gravitazionali (deformazione del tessuto dello spazio-tempo). L’ipotesi nasce per giustificare diverse osservazioni sperimentali in base alle quali, secondo le leggi della gravitazione, la materia oscura dovrebbe costituire quasi il 90% della massa presente nell’universo. Nonostante dettagliate mappe delle emissioni luminose dei corpi massivi dell’universo, si è riusciti a individuare solo circa il 10% della massa che risulterebbe dagli effetti gravitazionali osservabili. L’astronomo dell’Università di Washington, Bruce H. Margon ha dichiarato nel 2001 al New York Times:

È una situazione alquanto imbarazzante dover ammettere che non riusciamo a trovare il 90% [della materia] dell’Universo“.

Le più recenti misure indicano che la materia oscura costituirebbe circa l’86% della massa dell’universo e circa il 27% della sua energia. Inizialmente veniva indicata come “massa mancante“, termine che può essere fuorviante dal momento che ne appaiono osservabili gli effetti gravitazionali. Tuttavia strumenti di analisi spettroscopica non rilevano la luce emessa da questa materia, dal che l’aggettivo “oscura” poiché a mancare sarebbe solo la sua “luce“.

Mappa tridimensionale della materia oscura elaborata da NASA, ESA e R. Massey (CALTECH)-(https://it.wikipedia.org/wiki/Materia_oscura#/media/File:Mappa_3D_materia_oscura.jpg)

La materia oscura non va confusa con la diversa ipotesi che va sotto il nome di energia oscura. La materia oscura è a tutti gli effetti un enigma: essa si manifesta soltanto attraverso i suoi effetti gravitazionali, comportandosi come la materia ordinaria, ma non è visibile né dai nostri occhi né dai nostri strumenti e inoltre non ne conosciamo la composizione. La maggior parte degli astrofisici sostiene che le galassie contengono più materia oscura che materia ordinaria e sarebbe proprio l’effetto gravitazionale della materia oscura a garantire l’integrità fisica delle zone periferiche delle galassie come la nostra Via Lattea.

Gli impulsi elettromagnetici muovendosi nello spaziotempo curvo dovuto alla presenza di un oggetto fortemente massivo appaiono come “deviati”. Nell’immagine una rappresentazione grafica di un segnale generato da una sonda, propagandosi nello spazio curvo appare deviato dalla gravità del Sole mentre raggiunge la Terra. -( https://it.wikipedia.org/wiki/File:Cassini-science-br.jpg)

La galassia NGC 1052-DF2

Nel marzo del 2018 venne annunciata la scoperta di una galassia, NGC 1052-DF2, definita trasparente, a causa della sua rarefazione. Essa appariva anche priva di materia oscura, e per questo se n’era parlato come di una scoperta eccezionale. Una delle ipotesi più accreditate vuole che fu la materia oscura a causare il collasso dei gas che portarono alla formazione delle stelle nelle galassie. Si può dunque comprendere come l’assenza di materia oscura in NGC 1052-DF2 agitava gli astrofisici.

Uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, condotto da un gruppo di astronomi dell’Istituto di astrofisica delle Canarie, sostiene di aver trovato la soluzione al problema. I ricercatori, analizzando i parametri utilizzati per calcolare la distanza di NGC1052-DF2 da noi, hanno rilevato delle anomalie, giungendo alla conclusione che la sua distanza è in realtà molto inferiore rispetto a quanto precedentemente stimato. Nello studio del 2018 si sosteneva che NGC1052-DF2 si trova a 64 milioni di anni luce dalla Terra, mentre i nuovi calcoli indicano 42 milioni di anni luce, cioè una differenza di 22 milioni di anni luce.

Per una serie di complesse interazioni, i nuovi dati implicano che le caratteristiche della galassia non risultano “anomale” e vi è presenza di materia oscura nella galassia NGC1052-DF2. Dunque la correzione della distanza implica che la massa totale di NGC1052-DF2 è circa la metà di quella precedentemente stimata, ma la massa delle stelle visibili equivale solamente a un quarto della massa totale, e questo richiede, necessariamente, che la massa mancante debba essere materia oscura.

 

 

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