Berlin de La Casa di Carta: analisi funzionale di un narcisista maligno

Andrés de Fonollosa. Ladro di professione. Vittime predilette: gioiellerie, banche, portavalori. Comandante in capo e primo alfiere sulla scacchiera del Professore. In arte, Berlin. Il villain dalla parte dei “buoni” è sicuramente uno dei protagonisti più controversi della ormai famosa serie tv spagnola “La Casa de Papel”. La scelta della città tedesca è già di per sé indicatrice di un personaggio dalla duplice anima, autoritario e freddo nella gestione degli imprevisti e delle difficoltà, arrogante ed egocentrico nel suo modo di trattare gli ostaggi. Non solo: subdolo, manipolatore e torturatore, gode della simpatia del pubblico in particolare per la sua presenza scenica e il suo aplomb.

Quando viene resa nota la sua identità, a fronte di un sotterfugio del Professore, Berlin viene descritto come un criminale narcisista maligno e maschilista, ma con forte senso dell’onore. Ma cosa significano, nella realtà, i tratti di personalità descritti nella serie? Secondo Otto Kernberg, il narcisista maligno è la risultante di un disturbo narcisistico di personalità, cui si sommano comportamenti prevalentemente di livello borderline e dalle caratteristiche antisociali.

Procedendo con ordine, il soggetto affetto da disturbo narcisistico di personalità è descritto, nel DSM 5, come una persona che deve soddisfare almeno 5 di queste caratteristiche:

1) Ha un senso grandioso di importanza (per es. esagera risultati e talenti, si aspetta di essere considerato/a superiore senza un’adeguata motivazione).

2) È assorbito/a da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale.

3) Crede di essere “speciale” e unico/a e di poter essere capito/a solo da, o di dover frequentare, altre persone (o istituzioni) speciali o di classe sociale elevata.

4) Richiede eccessiva ammirazione.

5) Ha un senso di diritto (cioè l’irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative).

6) Sfrutta i rapporti interpersonali (cioè approfitta delle altre persone per i propri scopi).

7) Manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri.

8) È spesso invidioso/a degli altri, crede che gli altri lo/a invidino.

9) Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntosi.

Ora, per quanto riguarda Berlin, risulta evidente notare come – essendo generosi – i criteri 1, 2, 4, 6, 7 e 9 siano soddisfatti. A questo punto, è necessaria un’ulteriore specifica: la connotazione antisociale – ovvero che infrange la legge e si muove nella direzione di opporsi all’autorità – si evince sia intrinsecamente (l’intera serie ruota attorno alla pianificazione, preparazione e svolgimento di una rapina) sia esplicitamente, in quanto anche all’interno del gruppo Berlin prova ad opporsi – chiedendo addirittura una punizione – al leader effettivo, il Professore.

Da un punto di vista meno descrittivo e più nucleare, il soggetto patologicamente e malignamente narcisista presenta una marcata incapacità di amare; piuttosto, mostra la tendenza a sfruttare gli altri in base a propri bisogni o utilità. In precedenza abbiamo anche introdotto il concetto di borderline: in questo caso basti sapere che, tipicamente, soggetti con questo funzionamento oscillano tra l’idealizzazione e la svalutazione della propria immagine e dell’immagine degli altri, a dimostrazione di una difficoltà personale nel processo di integrazione della propria identità e della capacità di vedere gli altri.

Nel caso di Berlin, questa operazione si polarizza in modo ancora più netto: la sua identità, l’immagine di Sé che ha costruito nel tempo, risulta l’unico aspetto fondamentale nella riuscita del piano. È in quest’ottica, infatti, che a mio avviso andrebbe letto il gesto eroico di sacrificarsi per il bene dei compagni: un soggetto narcisista compie questo atto solo per nutrire l’ideale di grandezza e potere che è convinto di incarnare. La polarizzazione si sviluppa su due fronti, spaccando l’opinione che Berlin ha di Sé e degli altri: la sua immagine è ipertrofica, mentre l’opinione degli altri è spesso connotata da sarcasmo, svalutazione, critica e manipolazione.

Il narcisista maligno utilizza infatti il ricatto affettivo e le minacce per generare nell’altro la sensazione di essere in gabbia, imprigionato in una relazione – come quella tra sequestratore e ostaggio – senza via d’uscita. Maestro nell’arte della manipolazione, utilizza lusinghe e bugie per modulare la vicinanza e la disponibilità dell’interlocutore, che spesso è un soggetto sensibile al fascino e al carisma di cui queste persone sono comunque dotate. Altre caratteristiche che spesso rendono subdolo e prepotente questo tipo di soggetti sono l’invadenza e la dipendenza indotta: nel primo caso, l’operazione consiste nel sostituirsi all’altro nell’effettuare delle scelte, dando l’impressione di essere l’unica persona in grado di capire e affrontare in modo efficace le situazioni; nel secondo caso, l’obiettivo è depotenziare l’indipendenza dell’altro, così da poter alimentare il circolo di manipolazione e sfruttamento per vantaggi personali.

La diretta conseguenza è una graduale ma costante diminuzione del senso di autostima ed efficacia personali, che sembra spingere chi si trova alle prese con un soggetto narcisista ad avere la costante sensazione di essere profondamente sbagliato, non adeguato, non abbastanza da reggere il confronto e, per questo, bisognoso della sua presenza. Quando questo accade ripetutamente, al punto da instillare la paura di non sopravvivere, è possibile si sviluppino dinamiche come quella insorta con Ariadna, l’ostaggio sedotto e abusato sessualmente. La capacità di ammaliare, sedurre e convincere è infatti una delle abilità più affascinanti del soggetto narcisista, che sembra sempre in controllo nonostante imprevisti e inconvenienti: Berlin è un capo esemplare da questo punto di vista, sempre lucido – per quanto si possa non essere d’accordo con le sue scelte – e pragmatico nel tenere le redini del comando.

Tuttavia, ciò che anche in questa serie tv risulta impossibile da ignorare è la totale assenza di senso di colpa o empatia da parte di questo personaggio: glaciale, chirurgico, sadico e subdolo, Berlin è il “villain” buono che impersona tutti quei comportamenti che segretamente, talvolta, vorremmo poter attuare in quelle situazioni di impotenza o frustrazione che caratterizzano la vita quotidiana. È l’effetto catartico dell’applicazione senza scrupoli della violenza, “overt” o “covert” che sia, ad attrarre maggiormente l’attenzione del pubblico, sopratutto se contrapposta e indirizzata ad un’autorità tra le cui fila non mancano personaggi di dubbia simpatia.

Fiorenzo Dolci

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