Perché ci piace la musica?

A tutti capita di canticchiare un brano che si ha in testa. La musica è materia in gran parte ancora misteriosa, dal potere enorme, in grado di unire le persone e favorire la comunicazione e l’espressione delle emozioni.

Nel mondo animale però quello che può sembrare musica a noi umani è spesso una forma di comunicazione a tutti gli effetti (si pensi agli uccelli). L’ascolto e la produzione di musica fine a sé stessa e al piacere è una caratteristica tutta umana, e le sue funzioni ai fini della sopravvivenza non sono poi così evidenti. Gli studiosi hanno rintracciato meccanismi e funzioni che aiutano a capire meglio perché ci piace la musica e in che maniera aiuti la nostra specie.

Neurochimica della musica

Il piacere dato dall’ascolto di una canzone che amiamo è simile a quello che si prova con l’assunzione di sostanze o con il sesso.
In un esperimento (Blood e Zatorre, 2001) è stato effettuato uno scan cerebrale con la PET ai partecipanti, per scovare il meccanismo attraverso cui la musica evoca emozioni così forti. Si è visto che ad attivarsi erano le stesse aree coinvolte nel sistema di ricompensa/motivazione, emozioni, e attivazione fisiologica, le stesse che reagiscono a stimoli piacevoli come cibo, sesso e droghe. Le aree comprendono lo striato ventrale, il mesencefalo, l’amigdala, la corteccia orbitofrontale, e la corteccia prefrontale ventromediale.

Musica
Jimi Hendrix (1942-1970) è stato uno dei più importanti e talentuosi musicisti della storia. Si ipotizza che parte del suo talento sia attribuibile alla maggior integrazione tra i due emisferi. Hendrix, infatti, sebbene suonasse “al contrario” una chitarra per destrimani, era anche ambidestro in diverse attività quotidiane (foto: virginradio.it)

Il linguaggio universale

Sebbene riconosciamo l’appartenenza culturale di ogni tipo di musica (per esempio, la musica indiana è diversa e riconoscibile da quella country americana), esistono meccanismi di base che, al pari dell’espressione universale delle emozioni di Ekman (1971), sembrerebbero essere innati e accomunano tutte le culture.
In uno studio (Mehr et al., 2018), sono stati fatti ascoltare dei brani di 14 secondi a partecipanti di 60 culture diverse. Anche i brani provenivano da culture di tutto il mondo, poteva trattarsi di canzoni d’amore, ninna nanne, ecc., scelti a caso da piccole comunità di cacciatori-raccoglitori, agricoltori e pastori.
Ai partecipanti è stato chiesto se ciascun brano potesse essere più indicato per calmare un bambino piccolo, ballare, guarire una ferita, comunicare amore, piangere un defunto, raccontare una storia.
Dai risultati è emerso che i partecipanti “indovinavano” la funzione per cui la cultura originaria ricorre a quella melodia.
Ciò significa che la musica rappresenta un mezzo universale utile a diversi scopi, sociali e psicologici, e questo l’avrebbe “salvata” nella selezione naturale, venendo tramandata e praticata intensamente.

La funzione sociale della musica

In ogni città è evidente la suddivisione delle subculture urbane in base al modo di vestirsi, di parlare, a valori e norme condivisi, e nella maggior parte dei casi, tutto ciò è legato a un genere musicale – si pensi alle borchie e ai vestiti di pelle che identificano i rocker, o le creste e il comportamento anarchico dei punk, ecc. Persino le nazioni hanno un inno che viene suonato nelle celebrazioni più importanti.
L’antropologo Edward Hagen e lo psicologo evoluzionista Gregory Bryant (2003) hanno ipotizzato che l’organizzazione sociale degli esseri umani, soprattutto la tendenza a creare alleanze cooperative in assenza di legami di parentela, sarebbe basata sulla musica e la danza.
Nel loro studio, veniva manipolata la sincronia della musica al fine di alterare le percezioni dei soggetti relative alla qualità di un brano. Dai risultati si evince che effettivamente la qualità della musica ha una correlazione con le percezioni circa l’ “affinità intergruppo”.
Nella vita quotidiana, è chiaro come la musica rivesta un ruolo fondamentale nelle interazioni sociali. Basti pensare alle situazioni di ritrovo, come in discoteca, o nei pub, in cui la musica diventa anche un “pretesto” per instaurare nuove relazioni, romantiche o di amicizia.

Fonti:
– Blood, A. J., & Zatorre, R. J. (2001). Intensely pleasurable responses to music correlate with activity in brain regions implicated in reward and emotion. Proceedings of the National Academy of Sciences, 98(20), 11818-11823.
– Ekman, P., & Friesen, W. V. (1971). Constants across cultures in the face and emotion. Journal of personality and social psychology, 17(2), 124.
– Hagen, E. H., & Bryant, G. A. (2003). Music and dance as a coalition signaling system. Human nature, 14(1), 21-51.
– Mehr, S. A., Singh, M., York, H., Glowacki, L., & Krasnow, M. M. (2018). Form and function in human song. Current Biology, 28(3), 356-368.
– Schulkin, J., & Raglan, G. B. (2014). The evolution of music and human social capability. Frontiers in neuroscience, 8, 292.

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