Napoleone a Waterloo: la sorte decretata dalle ceneri

Napoleone Bonaparte, uno dei miti dell’era contemporanea. Un personaggio politico che fa discutere, che fa impazzire gli storici e sconvolge le analisi storiografiche dando vita a una lunga serie di interpretazioni. Un eccezionale stratega, che condusse una carriera formidabile, e che combatté una delle battaglie più famose di sempre: la battaglia di Waterloo.

Il 20 marzo del 1815 Napoleone rientrava alla testa di un nuovo esercito a Parigi, pronto per dare inizio a quel periodo, breve ma intenso, che oggi studiamo come i cento giorni. Il 18 luglio dello stesso anno i sogni del primo imperatore dei francesi si spensero. Un milione di uomini, tra inglesi, olandesi e prussiani, condotti da Lord Wellington, spazzarono via i 400.000 soldati che combattevano per la bandiera della Francia. Durante quella storica giornata le due armate si trovavano nelle campagne del Belgio, vicino a Waterloo. Il terreno che ha decretato una delle più importanti pagine della storia. Il progetto di Napoleone era ambizioso: unificare l’Europa sotto il comando francese. Così non è stato, l’ordine degli eventi ha deciso diversamente. Il 15 ottobre del 1815 arrivò in esilio, come prigioniero, sull’isola di Sant’Elena, dove morì diventando fonte di ispirazione per molti artisti. Il terreno delle campagne belghe, dove si svolse la battaglia decisiva, giocò un ruolo fondamentale. Scelse come far proseguire la storia, e decise la sconfitta di Napoleone. Pochi giorni prima della fine della battaglia (18 luglio) una pioggia fortissima e incessante cambiò l’ambiente dove i soldati francesi stavano, fino a quel momento, avendo la meglio. Sembrava di essersi spostati a combattere in uno stagno. Le campagne vicino a Waterloo si trasformarono in una trappola per l’esercito dell’imperatore.

Napoleone
Campagne belghe, nei pressi di Waterloo

L’eruzione del vulcano Tambora e le sorti della storia

Napoleone
Immagine del vulcano Tambora. Indonesia, isola Sumbawa

Impossibile da pensare e da credere che un’eruzione vulcanica può essere una delle cause dell’esito di una battaglia. La situazione si complica perché lo scontro in questione è uno dei più noti di tutta la storia. Uno degli eventi destinato a cambiare gli assetti mondiali. Uno stratega come Napoleone, abituato a prevedere le mosse degli avversari, a giocare d’anticipo, a studiare tattiche efficaci, non poteva prevedere che il tempo si sarebbe schierato contro di lui. Nell’aprile del 1815, in un’isola indonesiana, eruttò il vulcano Tambora. Un’eruzione che seguiva quelle dei vulcani nei Caraibi nel 1812 e nelle Filippine nel 1811. L’insieme delle ceneri arrivate nell’atmosfera causarono un notevole cambiamento climatico, provocando le piogge torrenziali che trasformarono il territorio nelle campagne di Waterloo. Gli anni intorno al 1815 non conobbero l’estate, gli inverni erano freddi e piovosi, e il 1815 fu, molto probabilmente, l’anno peggiore.

Le conferme della scienza

Matthew Genge, studioso di scienze della Terra a Londra, ha dimostrato che una discreta quantità di ceneri vulcaniche elettrizzate può destabilizzare l’equilibrio elettrico della ionosfera (lo strato più alto dell’atmosfera). Un’eruzione vulcanica può spedire la cenere ad un’altezza fino ai 100 chilometri, precedentemente si credeva massimo 40 chilometri.  Raggiungono altezze così elevate grazie alle spinte elettrostatiche, forze che agiscono su particelle di dimensioni di circa 0,2 milionesimi di metro. Una grande quantità di dati raccolti, uno studio approfondito sul comportamento delle ceneri e la costante ricerca di conferme empiriche estrapolati da vari aspetti meteorologici, hanno portato M. Genge ad affermare che le piogge causate da un’eruzione vulcanica si verificano sempre qualche mese dopo, non subito dopo l’esplosione. La distanza temporale che intercorre tra la catastrofe ambientale di Tambora e la disfatta di Napoleone è adeguata, anche se una notevole coincidenza. Il grande generale e imperatore francese a Waterloo dovette fare i conti con il tempo, vittima di una disarmante pioggia critica che destabilizzò i suoi soldati. Il suo mito non si spense, è vivo ancora oggi. La sua figura è destinata a non scomparire mai dalle pagine della storia.

Pierluigi Pireddu